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Attilio Fontana

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«I giorni degli eroi sono già un ricordo, romantico, strappa lacrime. E adesso che qualcuno si illude che il Corona virus sia domato, ricomincia la grottesca messa in scena della politica. Non è successo niente»: amarissime le parole di Ottavio di Stefano, presidente dell’ordine dei medici e degli odontoiatri della provincia di Brescia. Amarissime e preoccupanti: all’inizio della seconda settimana lavorativa della cosiddetta fase 2 il bilancio della gestione sanitaria e le bozze di scenari futuri richiamano alla mente non tanto le situazioni della fase 1, quanto quelle della normalità lombarda degli ultimi anni, durante i quali il sistema sanitario pubblico è stato smantellato pezzo per pezzo in favore del privato.

«Ci siamo illusi che la lezione di Covid 19 avrebbe cambiato la storia? Nessuno ascolta e discute le proposte. Ma ci sarà pure un posto, ad altri ed alti livelli, dove qualcuno pensa al domani, al dopodomani? – ha aggiunto Di Stefano, che è tornato a denunciare la mancanza di strategia: – non noi, ma le istituzioni dovrebbero dare risposte operative e rapide, urgenti, se non vogliamo che la mitigazione delle misure restrittive si associ ad una ripresa dell’epidemia». Bisogno di risposte ma anche ruolo propositivo attivo, sebbene le idee lanciate dai medici siano state ancora ignorate: «tutti i nuovi casi sospetti devono ricevere una diagnosi pressoché di certezza, entro tre giorni, e devono essere isolati. Passi successivi sono: la stratificazione del rischio e quindi l’indicazione delle modalità di isolamento del paziente, il setting di cura appropriato, il follow up e il tracciamento dei contatti. È improponibile che i medici, le professioni sanitarie coinvolte, le direzioni sanitarie, si mettano intorno ad un tavolo e definiscano indicazioni e criteri comuni ed omogenei?».

Non è certo isolato il medico bresciano: con lui tantissimi colleghi di tutta la regione, che, insieme a cittadini, rappresentanti istituzionali e amministrativi, hanno firmato una nuova lettera indirizzata al governatore Attilio Fontana e al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Sotto accusa, ancora una volta, la gestione gravemente insufficiente della pandemia frutto di scelte dalle origini lontane ma che «di recente sono peggiorate con l’organizzazione delle aziende sanitarie derivate dalla legge regionale Nr 23 del Agosto 2015, che a suo tempo non fu considerata compatibile con la legge nazionale e fu riapprovata con la specificazione del carattere sperimentale dell’articolazione in Ats e Asst per il primo quinquennio con verifiche dopo un triennio e dopo 5 anni», si legge nel testo dal titolo – In Lombardia non si può sbagliare la gestione della fase 2. E ora è il momento di fare i conti: «vista la pessima prova, accentuata in questa emergenza, data da questo modello organizzativo, riteniamo indispensabile che si ponga fine alla sperimentazione e che le Asst si articolino sui tre livelli: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera, con budget separati per ciascun livello».

Il tanto auspicato cambiamento di gestione tuttavia non pare nemmeno all’orizzonte e la vicenda dei test sierologici lo conferma. Roberto Francese, sindaco di Robbio (piccolo paese in provincia di Pavia) ha sottoposto i suoi compaesani a queste analisi, scoprendo di avere «400 ‘vaccini umani’ cioè persone con valori altissimi di anticorpi IgG. Hanno tutti espresso la volontà di donare il loro plasma al Policlinico San Matteo di Pavia, dove questa cura sta ottenendo eccellenti risultati, ma non possono – ha dichiarato, denunciando: – non possono farlo a causa della burocrazia perché il protocollo prevede che vadano bene solo i test fatti dalla Diasorin, unica accreditata dalla Regione». Mentre i testi utilizzati a Robbio «non sono validati, ma con marchio CE, alcuni già autorizzati dall’Emilia Romagna – ha specificato il sindaco che ha – chiamato personalmente la Diasorin, ma dicono che non me li vendono, sebbene mi sia offerto di pagarli di tasca mia per avere la conferma dei nostri test. La ragione non la conosco. Vogliono uccidere vite umane per un principio».

Anche sui test sierologici insomma al Pirellone regna la confusione: «Sui test sierologici la Regione deve dare indicazioni chiare ai cittadini e alle aziende, perché lo screening è assolutamente necessario per controllare la diffusione in questa fase di riapertura – ha osservato Gianantonio Girelli, consigliere regionale del Pd – le aziende devono essere messe in condizione di fare i propri piani per testare i lavoratori, ma occorre che la Regione dia delle regole chiare ed eviti che si apra il Far West, e deve rendere possibile fare i test attraverso il sistema sanitario regionale, come in altre regioni. La Regione è ancora una volta in ritardo. Ha annunciato da giorni una delibera che ancora non arriva: è in confusione».


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