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SE DE GASPERI torna a nascere e lo fanno di nuovo capo del governo o se l’unico in circolazione che lo richiama, Mario Draghi, fa la stessa cosa, farebbero fatica a cambiare qualcosa. Che cosa potrebbero entrambi con uno Zaia che da “capo di stato” della Repubblica indipendente del Veneto – secondo focolaio di Coronavirus insieme al primo lombardo supera l’epicentro globale di Wuhan – si permette di intimare al presidente del Consiglio che le sue province non devono essere inserite nella fascia 1 e che la circolare ha bisogno di un regolamento di attuazione?

Ometto di rappresentare qui sguardo e modi espressivi. Che cosa potrebbero De Gasperi e Draghi con un Governatore Fontana e il suo fido scudiero, l’assessore regionale alla sanità Gallera, che criticano il premier Conte dal versante opposto e, cioè, che l’ordinanza non è sufficientemente drastica e alimenta incertezze? Dove lo mettiamo il Governatore del Piemonte, Cirio, che si è battuto in modo encomiabile e che è positivo al Coronavirus come Zingaretti, ma che non rinuncia neppure lui a esprimere il suo malcontento e lo stupore perché l’altro “Capo di Stato ombra”, che è il Governatore della Regione Emilia-Romagna, il bravissimo Bonaccini, gli aveva assicurato che il Presidente del Consiglio avrebbe ridiscusso il testo con loro e, sottinteso, sarebbe venuto a più miti consigli?

Scusate, ma di che Paese stiamo parlando? Visto che i Governatori lavorano sedici ore al giorno con il massimo dell’impegno, e di questo sinceramente li ringraziamo tutti, troveranno mai, almeno Fontana e Zaia, una trentina di secondi per chiedere scusa agli italiani per il fatto che il sistema sanitario ospedaliero pubblico – di cui loro hanno la responsabilità politica di averlo svuotato di uomini e risorse a favore della sanità privata – si è accorto unico al mondo con un ritardo di svariate settimane dell’enorme focolaio diffusosi in terra lombardo-veneta?

Non è il momento delle polemiche e queste nostre domande non intendono alimentarle, ma porre piuttosto in modo ultimativo l’esigenza non più eludibile che ci si riconosca come Paese in un’unica catena di comando che è quella della Repubblica e che si dia prova tangibile che il Sistema Italia esiste. Perché non c’è dubbio che il crollo in Borsa e lo spread alle stelle dipendono più dalla guerra del petrolio tra Arabia Saudita e Russia che dal Coronavirus, ma siamo sempre noi a pagare il prezzo più pesante di una spirale perversa tra emergenza sanitaria, emergenza economica, emergenza finanziaria che a sua volta incide e moltiplica quella economica. Questa spirale può portare le imprese americane più indebitate a una crisi di liquidità, ma addirittura l’Italia a uscire dal novero dei Paesi industrializzati. Questo è ciò che va evitato. Lo Stato serve e va rispettato senza se e senza ma perché il contagio rallenti la sua diffusione nel Centro Sud e eviti di mettere in ginocchio l’intero Paese.

La bella addormentata Europa serve per evitare il credit crunch con liquidità diretta e linee di credito ponte alle imprese. Non ci possiamo permettere di aspettare che le curve da Coronavirus francesi e tedesche ci raggiungano per fare partire un piano di investimenti pubblici di cui l’Europa aveva già urgente bisogno prima della nuova Terza Grande Crisi Globale. Nel frattempo il governo della Repubblica italiana si muova in questi giorni come un gabinetto di guerra e faccia produrre dalle nostre imprese respiratori in quantità industriale e organizzi nuovi ospedali di terapia intensiva. Si può fare. Anzi, si deve esigere dal capitalismo lombardo-veneto della rendita sanitaria. Il resto dobbiamo farlo noi dimostrando di avere una cultura civica. Che non è quella giustissima della solidarietà verso chi sta male ma è la volontà consapevole di stare a casa, di non fare movida, di non affollare bar.

Dobbiamo recuperare la cultura civica dell’autorità dietro la quale ci si incammina condividendo una meta dentro un flusso unico. Che non è quello della pancia, ma della testa e del cuore.


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