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La strage di via Fani con il rapimento di Aldo Moro

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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel 43esimo anniversario del rapimento di Aldo Moro, ha deposto una corona di fiori in via Mario Fani dove le Brigate Rosse sequestrarono l’allora Presidente della Democrazia Cristiana uccidendo cinque agenti della sua scorta.

Il ricordo di Mattarella

Il Presidente Mattarella ha sottolineato il significato di questa data: «Ci separano quarantatré anni dal disumano assassinio in Roma, ad opera dei terroristi delle brigate rosse, di Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino. Difensori dello Stato di diritto, della libertà e della democrazia della Repubblica, pagarono con la vita il mandato loro affidato di proteggere Aldo Moro, statista insigne, presidente della Democrazia Cristiana, il cui calvario – ha proseguito Mattarella – sarebbe durato sino al successivo 9 maggio quando il suo corpo venne fatto ritrovare in via Caetani. Una data, quella del 16 marzo 1978, incancellabile nella coscienza del popolo italiano».

Molte le testimonianze e i ricordi da parte di forze politiche e istituzionali, mentre anche il neo segretario del Partito democratico, Enrico Letta, ha deciso di recarsi in via Mario Fani, a Roma.

Le novità dell’indagine

A 43 anni dal rapimento di Aldo Moro, il gip romano Francesco Patrone ha autorizzato la richiesta di prelievo del Dna (avanzata dal pm Eugenio Albamonte) per alcuni brigatisti già condannati per il sequestro del dirigente democristiano, ma anche per alcuni militanti delle Br finora considerati estranei all’agguato di via Fani. Il prelievo del Dna è avvenuto a fine febbraio 2021 nei locali della Questura di Roma, ed è stato coattivo visto che molti brigatisti non avevano voluto sottoporvisi volontariamente. Lo rende noto l’Huffington Post.

Si tratta infatti di comparare il loro profilo genetico con quello portato alla luce, nel 2016, sui mozziconi di sigaretta rinvenuti nell’abitacolo della Fiat con targa Corpo Diplomatico che servì a ”bloccare” la vettura di Moro in Via Fani, e sui mozziconi repertati nel covo di via Gradoli (la centrale operativa del sequestro Moro). Fu il capo dell’Antiterrorismo Lamberto Giannini, da pochi giorni nuovo capo della Polizia di Stato, a mettere in evidenza alla seconda Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso, presieduta da Giuseppe Fioroni, la possibilità di procedere con nuove analisi scientifiche che nel 1978 non erano possibili. Ma la prova del Dna è stata possibile solo ora (nell’ambito delle nuove indagini avviate a fine 2018 da Piazzale Clodio dopo aver ricevuto lo stralcio dei documenti di San Macuto), visto che prima non c’era il consenso degli interessati, e si è dovuto procedere con decisione del gip.

L’ipotesi investigativa, come si legge nell’articolo dell’Huffington Post, è che ci potrebbero riscontrare presenze diverse da quelle finora conosciute sulla scena del rapimento e in via Gradoli. Visto che ad esempio su 38 tracce biologiche rinvenute, solo 20 sono state attribuite, e con certezza, al proprietario dell’auto (che era stata rubata dalle Br per usarla nel sequestro) e ai suoi familiari, mentre altri 7 profili genetici trovati all’interno dell’abitacolo del Fiat giardinetta, condotta da Mario Moretti e che la mattina del 16 marzo 1978 bloccò allo stop con via Stresa la Fiat 130 su cui viaggiava lo statista democristiano e l’alfetta della scorta, sono ancora sconosciuti.

In particolare si cerca di dare un volto e un nome alla presenza di un personaggio che si sarebbe trovato accanto a Moretti al momento dell’agguato, e a chi abbia avuto a che fare con la macchina ( per rubarla, spostarla , nasconderla) e a chi abbia frequentato il covo di via Gradoli.

I profili genetici sui mozziconi di sigaretta rinvenuti nell’auto di via Fani, non ancora attribuiti, serviranno a verificare l’identità di persone che sono tutte di sesso maschile. Mentre quelli relativi al covo di Via Gradoli (dove testimonianze recenti hanno messo in evidenza la presenza di un uomo e una donna che non parlavano italiano, che rientravano in quello stabile in moto e sempre con il casco integrale calzato) sono di due donne e di due uomini. Secondo la ricostruzione “ufficiale” del sequestro Moro, via Gradoli sarebbe stata la base logistica frequentata dai soli Mario Moretti e Barbara Balzerani.

Le analisi delle impronte digitali ritrovate dopo quarant’anni hanno già messo in evidenza su uno stivale di gomma un’impronta riconducibile a Adriana Faranda. Mentre nessuna impronta digitale è stata ricondotta dalle analisi ad Aldo Moro. In quel covo inoltre sono state trovati i profili biologici misti di due uomini e due donne su cui sono in corso adesso gli accertamenti scientifici.

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