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Uno studente che parla ai suoi colleghi dei temi della protesta che si è svolta in piazza

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Hanno pacificamente marciato per le vie del centro partendo da piazza Umberto. In un grande corteo arrivato sino al centralissimo corso Vittorio Emanuele. Per ribadire che «non si può morire di lavoro e di sfruttamento». Anche a Bari ieri mattina sono scesi in piazza gli studenti degli istituti superiori per dire «basta» all’alternanza scuola-lavoro, all’indomani dei due studenti morti in un mese, prima in Friuli e poi ad Ancona, durante le ore di apprendimento in fabbrica.

E proprio a Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci, i nomi delle due vittime, è stata dedicata questa mobilitazione che nel capoluogo pugliese ha visto l’adesione di circa 200 studenti e dell’Osa, l’Opposizione studentesca d’alternativa. Striscioni, cori e un simbolo: un segno rosso sul volto a ricordare il «sangue versato dai nostri coetanei». «Sono dei veri e propri omicidi, non chiamateli incidenti. L’alternanza scuola-lavoro va abolita» la loro richiesta, illustrata poi dalla piccola delegazione ricevuta a Palazzo di Governo dal prefetto Antonella Bellomo.

«Per noi questa formula non forma, ma crea solo sfruttamento. Molti ragazzi non conoscono nemmeno i propri diritti e le tutele sui posti di lavoro» ha spiegato Giordano Bruno Rizzo, cofondatore di Cambiare Rotta, l’organizzazione degli universitari che ha voluto portare sostegno alla protesta. Presenti diverse classi degli istituti di Bari Scacchi, Flacco, Salvemini, De Nittis, Pascali e Marco Polo, con un sit-in che ha intrecciato altri temi come il secco «no» alla seconda prova scritta per il prossimo estate di Stato. «Veniamo da due anni di pandemia, di Did e di Dad. Le seconde prove per molti indirizzi non possono essere sostenute perché legate a una didattica in presenza che non c’è stata» hanno spiegato gli studenti ricordando al ministro «di non essere stati minimamente ascoltati».

Diversi gli striscioni esposti. Dal più classico “Bianchi dimettiti” (indirizzato al ministro all’Istruzione) sino al lunghissimo “Alternanza maturità repressione, la scuola ha bisogno di una rivoluzione” esposto sulle basole del lato pedonale di corso Vittorio Emanuele come titolo simbolo di questa discesa in piazza. “La vostra scuola uccide”, “Di scuola lavoro non si può morire”, “La scuola uccide gli studenti”, “La vostra scuola ci sta ammazzando” i tanti cartelli alzati durante il comizio.

Al megafono le richieste, le testimonianze e le denunce. «Questo sistema è stato pensato solo per sfruttarci, non ci lasciano nemmeno parlare con i sindacati» dice al microfono uno studente con gli occhiali incassando gli applausi della piazza.

Tra i presenti anche una delegazione barese di Rifondazione comunista – «Pensiamo che la scuola sia un bene comune da salvaguardare contro questa deriva che adesso sta persino mietendo morti. Contro questo dobbiamo dare la massima solidarietà ai ragazzi e alle ragazze che stanno manifestando per il loro futuro» dice l’ex insegnante Tonia Guerra – e una delegazione di lavoratori che ha esposto lo striscione “Baritech (ex Osram) non deve chiudere”. A ricordare che al di fuori della scuola c’è un variegato mondo di precarietà e di vertenze occupazionali. «Ma noi torneremo a far sentire la nostra voce, la nostra rabbia» hanno ribadito i ragazzi prima di sciogliere il raduno.

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