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La vittima, il 40enne Paolo Caprio

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BITONTO – «Sempre avanti e indietro devi andare? Qual è il problema?». Ha detto così Fabio Giampalmo, 20 anni, quattro dei quali trascorsi a praticare arti marziali, prima di tirare tre pugni in viso e stendere, fatalmente, Paolo Caprio, artigiano 40enne di Bitonto. E fa riflettere ancora di più, in queste ore, la frase sul profilo Facebook della vittima: «Viviamo in un mondo al contrario dove il buono deve andare dallo psicologo per imparare a sopportare le cose che fa il cattivo».

Una notte nera, quella tra sabato e domenica, che ha segnato più famiglie le cui vite si sono incrociate nel distributore di benzina Dill’s, alle porte di Bitonto. Una notte che andava a concludersi in un bar, tra slot machine e il caffè dolce del dopo cena al ristorante, tra le chiacchiere, i programmi per la domenica e i bambini in braccio.

Da una parte Paolo Caprio e un suo amico, dall’altra Fabio Giampalmo, l’amico Pasquale, le mogli e il gruppo del sabato sera. La ricostruzione dei fatti che hanno portato alla morte di Caprio è del suo presunto assassino, costituitosi ieri mattina ai carabinieri di Molfetta, accompagnato dal suo legale di fiducia, l’avvocato Nicola Capaldi.

«Mentre ero nel bar – racconta Giampalmo ai carabinieri – l’amico della persona con cui ho litigato ha cominciato a provocarci, mentre eravamo vicino le slot e stavamo giocando. Si è rivolto al mio amico in malo modo, dicendo in tono provocatorio: “Chi sei tu? Spostati”; e il mio amico per evitare discussioni si è spostato».

Ma la miccia non era spenta. Poco dopo, racconta ancora il giovane, i due si avvicinano alle donne, sedendosi vicino a loro. «Le nostre compagne ci hanno riferito che ai ragazzi avevano soltanto detto di spostarsi ed andare su altre panchine, tipo: “proprio dietro a noi dovete stare? Non potete andare sulle altre panchine?”, e lì vicino ce ne erano altre».

Giampalmo e il suo amico escono dal bar, raggiungono le donne e chiedono spiegazioni. Lì divampa l’incendio: Paolo Caprio si avvicina per ascoltare quello che si dicevano e Fabio Giampalmo esplode: «Sempre avanti e indietro devi andare? Qual è il problema?». Poi i tre pugni, il 40enne che cade all’indietro, sbattendo la testa sul marciapiede. Giampalmo non si ferma a soccorrerlo, così dice nell’interrogatorio, e va via con gli altri.

Solo qualche ora dopo gli amici lo avvisano del fatto che l’uomo da lui colpito era morto. Ma il ventenne non si costituisce subito, «Sono andato in giro a piedi da solo nel centro storico, fino a quando ho contattato il mio legale di fiducia».

Sono le 8.15 di domenica quando si presenta alla stazione dei carabinieri di Bitonto, per raccontare la notte nera. Nel decreto di fermo con l’accusa di omicidio aggravato, per futili motivi e con l’ulteriore aggravante di «aver commesso il fatto attraverso l’uso di tecniche di combattimento tali da ostacolare la privata difesa».

Il pm della procura di Bari, Ignazio Abbadessa evidenzia il pericolo di fuga, e per quattro motivi: innanzitutto il fatto che dopo l’aggressione sia fuggito, facendo perdere le proprie tracce. «L’indagato risulta dimorare all’interno del centro storico di Bitonto – si legge – notoriamente caratterizzato dalla presenza di luoghi di difficile accesso dall’esterno e da parte di soggetti estranei alla comunità dei residenti, sì da rendersi impossibile qualsiasi attività di ricerca ‘a sorpresa’; agevole è inoltre la possibilità di nascondersi».

Sottolinea poi che Giampalmo si è costituito diverse ore dopo il fatto e anche dopo parecchio tempo da quando ha saputo del decesso. E, infine, «si accompagnava, in occasione del fatto – scrive ancora – a soggetti pregiudicati e inseriti stabilmente nei locali circuiti criminali, segno evidente della disponibilità di conoscenze e strumenti in grado di consentirgli fuga e copertura». Toccherà ora all’autopsia, disposta dal magistrato, stabilire con esattezza le cause della morte.

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