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Il blitz della polizia in un appartamento

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BARI . Raccoglievano denaro da inviare in Albania e finanziare, così, attività terroristiche nell’area dei Balcani. E’ l’ipotesi contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice del Tribunale di Bari, Francesco Mattiace, che ieri ha portato all’arresto di quattro persone tra Bari e comuni della provincia. Tra coloro che sono finiti in manette c’è anche un 33enne di origini albanesi, ma residente da diversi anni in Puglia, impiegato nell’ufficio tecnico del Comune di Bari.

Stando alle indagini della Direzione distrettuale Antimafia, i quattro avrebbero raccolto e inviato denaro per finanziare in Albania l’attività terroristica dell’Imam della Moschea «Xhamia e Letres» a Kavaje (Tirana), Genci Abdurrahim Balla, ritenuto vicino all’associazione Isis Daesh e già condannato a 17 anni di reclusione per aver reclutato decine di combattenti inviati in Siria.

Agli arresti domiciliari sono finiti Yljan Muca, 31 anni, Roland Leshi, 37 anni, Elsio Ramku, il 33enne impiegato, Roland Belba, 37 anni, residenti tra Bari, Adelfia e Rutigliano. Il denaro, hanno documentato le indagini, veniva trasferito attraverso canali non tracciabili, crowdfunding in bitcoin oppure trasportato in borsoni nascosti in camion che viaggiavano via mare dalla Puglia all’Albania. I fatti contestati risalgono al periodo compreso tra maggio e luglio 2020. All’indagato Muca è contestato anche il reato di apologia di terrorismo per aver diffuso tramite una chat whatsapp, la stessa sulla quale avrebbe lanciato la raccolta di denaro, e condiviso su Telegram link, video o documenti tradotti dall’arabo in albanese «di chiara matrice jihadista».

Le indagini, coordinate dalla Dda di Bari e svolte dalla polizia, «hanno consentito di configurare il finanziamento di associazione terroristica concretizzatosi nella raccolta di denaro da destinare ad attività caritatevole derivanti dalla “zakat”, termine arabo costituente uno dei cosiddetti pilastri dell’Islam, con cui si indica la contribuzione dovuta dalle persone fisiche e giuridiche musulmane sugli utili prodotti da una attività economica, prevista dalla legge islamica (Shariàa, ndr) e per sostenere coloro che sono perseguiti in territorio albanese dalla legge perché ritenuti di essere appartenenti all’Isis». Così il gip nell’ordinanza cautelare. Secondo il giudice è corretta «l’intuizione della polizia giudiziaria, secondo cui lo zakat possa fungere da vettore di finanziamento economico dei fondamentalisti islamici». Dalle numerose conversazioni intercettate nell’indagine, coordinata dal pm della Dda Domenico Minardi, emerge il «fanatismo religioso antioccidentale» degli indagati, e la loro convinzione di «italiani popolo di miscredenti».

Commentavano gli attentati, come quello di Charlie Hebdo del gennaio 2015 a Parigi, gli arresti di terroristi in varie parti del mondo, giustificandone ideologia e azioni e, nel luglio 2020, parlavano di appropriazione dell’Ucraina da parte degli occidentali finalizzata ad appropriarsi del gas ucraino. «Non serve a dare una lettura delle vicende attuali, questo è chiaro – ha commentato il procuratore aggiunto di Bari Francesco Giannella – però fa capire qual è il substrato culturale e di convinzioni che serpeggia in certi ambienti, che vedono ogni evento internazionale come un evento di contrapposizione estrema tra Occidente e Oriente». I provvedimenti scaturiscono da un’indagine della Digos di Bari, avviata ad aprile 2020 anche sulla base di informative dell’Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna), e che sono state sviluppate con il coordinamento info-operativo della Direzione centrale della polizia di prevenzione -servizio contrasto al terrorismo esterno, da cui emergono «gravi indizi» nei confronti dei quattro albanesi. Gli investigatori stanno cercando di identificare altri complici.

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