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Proiezioni e incontri che coinvolgono i ragazzi. Il Nuovo Fantarca svolge da 22 anni la sua attività basata sui diritti umani e la non violenza

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BARI – C’è un solo modo per fare della legalità la spina dorsale della propria vita: trasformarla in abitudine nelle azioni di tutti i giorni, a cominciare da piccoli. In molti luoghi questo meccanismo non è naturale come potrebbe sembrare. Ecco perché luoghi come Il Nuovo Fantarca diventano il grimaldello necessario per aprire porte rimaste chiuse per troppo tempo. Da 22 anni concetti come promozione dei diritti umani, della nonviolenza, della giustizia sociale e dello sviluppo della persona sono entrate nella vita di molti degli oltre 25 mila ragazzi coinvolti nelle iniziative di questa cooperativa sociale che passano attraverso cinema e attività culturali che ne fanno spettatori, registi e interpreti, oltre che cittadini più consapevoli. Il vero paradosso sta nelle modalità con cui Il Nuovo Fantarca svolge le sue attività, ovvero senza una sede.

Dal 2004 l’associazione, infatti, ha dovuto lasciare la struttura storica, nel cuore del Quartiere San Paolo anche se questo non ha fermato nessuna delle sue attività: dai laboratori sul cinema (che vanno dalla grammatica dei film alla all’elaborazione di una recensione cinematografica per arrivare a tutti gli elementi che compongono un film come la scrittura, la luce o le inquadrature) fino alla scuola cantiere di legalità realizzata con una rete che riunisce 20 scuole pugliesi, in collaborazione con l’Usr Puglia, gli assessorati al Welfare e alle Politiche Giovanili del Comune di Bari e associazioni del privato sociale. «Sono diventata nomade – dice con ironia, raccontando questa condizione speciale, Rosa Ferro presidente della cooperativa – Vado dove c’è lavoro, dove voglio creare realtà culturali».

In questo percorso nessuno resta indietro come dimostrano altri progetti che Il Nuovo Fantarca svolge in realtà con l’Istituto penale per i minorenni “Fornelli” di Bari; come ad esempio le iniziative del Centro Antonino Caponnetto in cui il cinema ha coinvolto direttamente i ragazzi in incontri con registi, dibattiti sui film scelti direttamente da loro, trasformando la detenzione in un confronto con il mondo dal quale spesso arriva troppo poco, in barba a quanto previsto dalla Costituzione ovvero che i luoghi di detenzione debbano svolgere la funzione di rieducare e offrire opportunità di cambiamento e reinserimento sociale.

«E’ fondamentale – spiega ancora Rosa –far capire ai ragazzi qual è il loro ruolo di cittadini e cosa possono fare per arginare determinati fenomeni o comunque per non seguire determinate strade. Per quanto riguarda, in particolare – prosegue – chi appartiene a famiglie legate ai clan, i nostri laboratori servono a far capire cosa vuol dire entrare in un sistema di vita diverso e agire in un certo modo perché ogni nostra azione ha un risvolto sulla comunità». Quante volte funziona? «Su dieci volte, accade che in sei casi funzioni – aggiunge – In ogni occasione rimane la consapevolezza che non è detto si traduca in azione. Parliamo di ragazzi che sono completamente dentro quella mentalità, che sono cresciuti così. Basandomi sull’esperienza del lavoro nel carcere minorile penso che si debba portare il ragazzo fuori, lontano dal suo territorio, altrimenti non si riesce in questo compito. La stessa offerta di lavoro, d’altronde, è a volte uno sforzo impari rispetto a quello che la criminalità offre. Quando eravamo al quartiere San Paolo , dove siamo stati 20 anni, abbiamo visto tante vite cambiate ma anche vite scomparse perché i protagonisti sono morti. La sfida è essere sul posto e lavorare tutti i giorni, per anni».

Nell’attività della cooperativa il legame fra cinema e realtà diventa sempre più stretto come conferma il successo di rassegna come “Anni verdi”, festival diffuso del cinema e delle arti audiovisive per il giovane pubblico, arrivata al 16mo anno di attività. «Abbiamo pensato anche quest’anno di svolgere gli incontri gratuitamente. Tra le novità c’è la sezione Heritage, un invito a conoscere il patrimonio storico, per questo abbiamo scelto film come “Roma città aperta” legata al discorso sulla Resistenza o “Gente di rispetto” sul tema della legalità e questo, in termini di prenotazioni, sta funzionando molto. C’è poi il laboratorio sulla Shoah che stiamo preparando insieme all’Università».

L’attenzione verso generi come il documentario sembra essere quella dalla quale i ragazzi sono più attratti, ecco perché la sezione Generaction (in programma dal 15 al 18 novembre, nell’ambito della rassegna “Anni verdi” che si concluderà ad aprile), arrivata alla terza edizione che si svolgerà al Museo civico di Bari: «Abbiamo scelto documentari fra quelli prodotti negli ultimi due anni, considerata la pausa imposta dal Covid – spiega ancora Rosa Ferro – che sono stati pensati per i ragazzi e trattano temi molto diversi. I documentari, ormai, sono sempre più simili ai film e questo interessa molto di più il pubblico. Il festival propone, tra gli altri, titoli come l’australiano “2040” e il canadese “Il futuro siamo noi” che danno uno sguardo non catastrofico ma positivo con una serie di consigli al proprio interno.

Nel primo caso si parla di ambiente, nel secondo il regista ha intervistato bambini e ragazzini in tutto il mondo che hanno fatto cose eccezionali per il proprio Paese, ad esempio inventare una moneta nelle nazioni più povere per utilizzare il microcredito. Per ogni film vengono realizzate schede digitali e interattive. Si tratta di materiali informativi che si aprono anche su altri siti collegati, ovviamente monitorati visto che vengono consultati dai ragazzi». On line saranno anche disponibili mediometraggi e cortometraggi, racconti brevi molto interessanti come quello afghano “Learning to skateboard in a war zone if you are a girl” , premio Oscar per il miglior cortometraggio documentario alla 92esima edizione degli Academy Awards.

A chi crede che il cinema sia semplice “intrattenimento” e che non rappresenti uno strumento sociale, il consiglio è di partecipare a qualcuno degli incontri tornati finalmente in presenza per rendersi conto di quanto questa definizione rappresenti l’unica finzione.

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