X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

Una durata media di quattro anni e un arretrato di 6.000 fascicoli. Soffre il processo penale, con dati in Corte d’appello di Bari che raccontano di uno stato patologico, al quale si cerca ora di porre rimedio con l’arrivo di 300 neolaureati in giurisprudenza, 80 dei quali solo a Bari. Gli altri 220 saranno distribuiti nelle altre sedi giudiziarie comprese nel distretto (Trani, Foggia e Lucera).

Compito da portare a termine: collaborare con i magistrati nella preparazione delle decisioni e nella stesura delle sentenze più semplici. Lo staff del magistrato, così è considerato, si occuperà di studiare gli atti, fare ricerche giurisprudenziali, elaborare bozze e schemi di sentenze, che passeranno poi al vaglio finale del togato. E’ una iniziativa del ministero della Giustizia, prevista dal Pnrr, che si ricollega alla richiesta europea di ridurre la durata dei processi almeno del 40 per cento e soprattutto di ridurre le pendenze, eliminando l’arretrato patologico.

Nelle intenzioni del legislatore c’è quella di arrivare, nel giro di qualche anno, ad una riduzione delle pendenze del 90 per cento. La situazione più grave, in controtendenza rispetto agli anni scorsi, è proprio nel penale dove l’improcedibilità prevista dalla riforma Cartabia (gli appelli vengono considerati improcedibili se non decisi in 2 o 4 anni, a seconda dei casi) peggiora lo stato delle cose. Se i processi civili in Corte d’appello durano in media 760 giorni, nel penale un processo arriva a quattro anni.

«Questi ragazzi daranno sicuramente una grossa mano – commenta il presidente della Corte d’appello, Franco Cassano – E’ una misura che riguarda la costituzione dell’ufficio per il processo, annunciata nei giorni scorsi dalla ministra Marta Cartabia. Assieme agli stagisti e ai giudici onorari, collaborano con i giudici nell’assunzione della decisione». I giovani già selezionati nelle scorse settimane con un concorso pubblico e che hanno fatto domanda, saranno assunti a tempo determinato per tre anni, suddivisi in due periodi diversi. Avranno la figura di funzionari di cancelleria e al termine dei tre anni, l’aver svolto questa attività è titolo preferenziale a parità di punteggio per concorsi pubblici.

Ma non tutto potrebbe filare liscio: «A parte i tempi fisiologici che serviranno per formarli – spiega Cassano – la questione vera è che non sappiamo dove metterli, mancano le stanze, dovranno essere forniti di computer e scrivanie». Non solo: «Un altro problema è che se dovesse funzionare la riduzione dell’arretrato, se si dovesse smaltire il carico, non si sa se dopo questa prima infornata ce ne sarà un’altra.

Nel frattempo i giudici si saranno abituati a lavorare in un certo modo e rischiano fra tre anni di trovarsi senza aiuto». E c’è il discorso della formazione: «Si tratta di neo laureati, devono imparare come si fa una sentenza, come si affrontano i problemi che solleva un fascicolo processuale e come si fanno le ricerche, come si decidono gli atti. Ci vuole un periodo congruo di formazione, è un lavoro anche di rapporto con le cancellerie, è complesso».

In parte impareranno sul campo, in parte seguiranno lezioni teoriche con gli uffici decentrati di formazione della magistratura. «E’ una grossa scommessa – ammette il presidente della Corte d’appello – Per ottenere i fondi europei, il ministero della Giustizia si affida sia alle riforme di carattere processuale, sia al cosiddetto “ufficio per il processo” che dovrebbe costituire un grosso ausilio per lo smaltimento arretrato, una delle condizioni che l’Europa ha posto per la concessione dei fondi Pnrr».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE