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A destra l'assessore Pentassuglia

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I primi giorni della prossima settimana Donato Pentassuglia convocherà tutti i firmatari del protocollo sulla filiera lattiero casearia pugliese. L’obiettivo dell’assessore regionale alle Politiche agricole è stoppare sul nascere le polemiche, soprattutto quelle emerse nelle scorse ore con i rappresentanti di Confindustria, e arrivare a un accordo sul prezzo di acquisto del latte dagli allevatori che, secondo le esigenze di questi ultimi, non può scendere sotto i 44 centesimi al litro.

Nell’intesa firmata in ottobre, dopo sette mesi di confronti e riunioni, era stato concordato il prezzo di riferimento per la vendita di latte crudo, cui aggiungere eventuali premi legati alla qualità, sotto del quale non i costi per gli allevatori non sarebbero più sostenibili. L’intenzione di Pentassuglia è arrivare a risultati concreti.

Nel documento, aveva sottolineato i giorni scorsi l’organizzazione Cia agricoltori, ci sono tre articoli fondamentali: «Nel primo, i sottoscrittori si impegnano a garantire un rapporto equilibrato tra gli operatori della filiera, basato sulla ‘remuneratività per ciascuna componente’ attraverso la condivisione del principio etico che il mercato riconosca prezzi non inferiori ai costi di produzione, tanto sul versante della produzione primaria che su quello della trasformazione, in considerazione di elaborazioni oggettive di istituzioni quali Ismea, Università e riconosciuti Centri di studio e ricerca».

Diversa la posizione di Confindustria che, invece, invoca l’Antitrust sull’indicazione dei 44 centesimi. «L’Ente regionale unico – hanno specificato gli industriali – ha avanzato una esplicita richiesta di chiarimenti all’Authority che ha inequivocabilmente confermato il divieto di stabilire un prezzo. Se a livello regionale fosse fissato un prezzo questo vanificherebbe la libera concorrenza e le organizzazioni e le aziende aderenti a tale accordo sarebbero sanzionate dall’Antitrust».

Per l’assessore è vero che il protocollo non stabilisce un prezzo ma non si può pensare di vendere il latte sotto quel limite. Non sarebbe etico. Sulla questione è intervenuta con una nota anche l’organizzazione Coldiretti, firmataria del documento assieme alla stessa Cia, a Copagri e a Confagricoltura, per citare alcune organizzazioni di allevatori da una parte, e a Cna, Confartigianato e Confindustria dall’altra, a difesa degli interessi dei produttori.

In Puglia, secondo le stime di Coldiretti, sono state chiuse oltre 120 stalle in Puglia in un anno, 440 negli ultimi sette, dal 2014 a oggi. Ne sono sopravvissute solo 2 mila 163. I dati sono dell’associazione regionale allevatori Ara. Le imprese di allevamento da latte ormai allo stremo a causa di compensi ormai da troppo tempo al di sotto dei costi di produzione. E il tempo per salvare la filiera sta per scadere.

«Il prezzo del latte alla stalla deve necessariamente essere al di sopra dei costi di produzione – sottolinea il presidente Savino Muraglia – quando nella forbice tra produzione e consumo ci sono margini da recuperare per garantire un prezzo giusto e onesto che tenga conto dei costi degli allevatori e la necessaria qualità da assicurare ai consumatori».

La Puglia è la quinta regione produttrice in Italia con oltre 1.900 allevamenti che producono più di 3,7 milioni di quintali di latte bovino, dando lavoro a decine di migliaia di persone. Dall’estero, soprattutto da Francia, Germania, Ungheria e Repubblica Ceca, vengono importati 2,7 milioni di quintali di latte e 35mila quintali di prodotti semi-lavorati quali cagliate, caseine, caseinati e altro. Eppure la regione conta tre produzioni Dop (canestrato pugliese, mozzarella di Gioia del Colle e mozzarella di bufala) e 17 formaggi riconosciuti tradizionali dal Ministero delle Politiche agricole.

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