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Un macchinario sanitario

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L’Asl Bari ha un parco delle tecnologie medicali che conta circa 23mila apparecchiature, per un valore complessivo di 120 milioni euro. Ma nel 2021 l’azienda sanitaria, tra le più grandi d’Italia, è stata costretta a spendere 10 milioni di euro solo per la manutenzione e per garantire l’efficienza dei macchinari. Una spesa importante e che è giustificata dal «grado di obsolescenza delle stesse» apparecchiature, come viene sottolineato nel «Piano triennale integrato della performance e dell’integrità» approvato dalla direzione.

Anche per ridurre questo costo e per «garantire l’efficacia e l’appropriatezza delle prestazioni sanitarie in sicurezza si è provveduto, con l’adozione del Bilancio di previsione 2022, ad approvare il Piano di rinnovo biennale 2022/2023 delle tecnologie biomedicali così come previsto dalla normativa vigente», è riportato nella relazione. Le grandi attrezzature biomedicali installate negli ospedali e ambulatori dell’Asl Bari riguardano cinque Sistemi per angiografia, due Gamma camera computerizzate, 19 mammografi digitali, sei Risonanze magnetiche e 15 Tac.

Il problema dei macchinari ormai obsoleti non riguarda soltanto la provincia di Bari, basti pensare che la Puglia ha 151 mammografi, non tutti in servizio, molti ormai sono inutilizzabili o inutilizzati. Di questi 75, la metà, ha oltre sei anni di vita, 42 hanno addirittura più di 10 anni di servizio. L’età media della strumentazione è di 8,5 anni, sopra la media nazionale pari a 7,6 anni.

E’ la fotografia che scatta l’Osservatorio di monitoraggio e valutazione delle reti oncologiche regionali, istituito in Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Il rapporto evidenzia una distribuzione territoriale disomogenea in Italia che sfavorisce le regioni del Sud, a cominciare dalla Puglia. Oltre due mammografi su dieci in uso in Italia hanno 10 o più anni di «anzianità di servizio», con «conseguente minor precisione nella capacità di individuare eventuali tumori al seno», evidenzia Agenas.

Ma il maggior numero di macchinari più obsoleti si trovano al Sud e in Puglia. Un Mezzogiorno che, non solo deve fare i conti con una minore dotazione, ma deve anche «accontentarsi» di strumenti più vecchi e datati. Tra le Regioni, il record di certo non invidiabile spetta al Molise: mediamente i mammografi hanno 10,6 anni contro una media italiana di 7,6.

In Calabria la situazione non è poi così migliore: età media 8,7, al pari del Lazio dove però ci sono 240 mammografi contro i 38 della Calabria e i 14 del Molise. Significa che c’è maggiore scelta. Seguono la Sicilia (8,6 anni) e la Puglia (8,5 anni). Anche la Basilicata dispone di macchinari abbastanza vetusti, visto che l’età è di 7,7 anni, superiore alla media italiana. L’unica sotto la soglia nazionale al Sud è la Campania, età media 7,1 anni.

Non solo, il numero di prestazioni in Puglia non è ai livelli delle regioni settentrionali: mediamente ogni mammografo in funzione esegue 2.847 esami, contro, ad esempio, i 3.459 del Veneto, i 4.948 dell’Emilia Romagna, i 4.339 della Toscana, 5.070 delle Marche. Tornando all’età media, in Liguria e Lombardia i macchinari hanno 6,8 anni; in Toscana 6,1, in Veneto 6,8, in Umbria 5,7 anni, in Piemonte 7,2. Fa eccezione solamente l’Emilia Romagna che ha mammografi con età media di 7,8 anni, sopra la media italiana

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