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Ai territori soggetti a spopolamento sono stati recentemente assegnati contributi per un totale di 180 milioni di euro. Si tratta di risorse che afferiscono al “Fondo di sostegno ai comuni marginali” per gli anni 2021-2023 e che possono essere utilizzate per lavori su immobili comunali da concedere in comodato d’uso gratuito per l’apertura di attività commerciali, artigianali o professionali; concessione di contributi per l’avvio di attività commerciali, artigianali e agricoli e contributi da mettere sul tavolo per chi trasferisce la propria residenza e dimora abituale nei comuni delle aree interne, come concorso per le spese di acquisto e ristrutturazione dell’immobile (massimo 5.000 euro a beneficiario).

A evidenziarlo una elaborazione di Centro Studi Enti Locali (Csel), sui comuni a rischio desertificazione, basata su dati Istat e del ministero per il Sud e la Coesione territoriale. Il calo demografico non era però di per sé sufficiente per aggiudicarsi le risorse in ballo. I 1.187 comuni beneficiari sono quelli che sono risultati essere più svantaggiati anche sulla base dell’Indice di vulnerabilità sociale e materiale e in relazione al basso livello di redditi della popolazione residente. Il 95% dei comuni individuati (ai quali sono stati assegnati più di 171 milioni di euro) è situato in regioni del Mezzogiorno. Ogni comune si è visto assegnare un importo compreso tra 71mila e 924mila euro.

Le 3 amministrazioni che avranno in assoluto a disposizione più risorse per provare ad attrarre nuove attività sul proprio territorio sono Lentini, cittadina in provincia di Siracusa (924.485 euro) a fronte di una popolazione quasi dimezzata negli ultimi decenni e un reddito medio pari a 13.879 euro. Siciliano anche il terzo ente si tratta di Licata, nell’agrigentino, al quale sono stati destinati oltre 850mila euro. In mezzo San Severo, in provincia di Foggia, che ha ottenuti 890mila euro.

«Sarà l’Agenzia per la coesione territoriale a vigilare su come queste risorse saranno impiegate. Se i comuni non assegneranno i contributi ai soggetti beneficiari entro sei mesi dalla chiusura dell’annualità precedente, queste risorse saranno infatti revocate», avverte Csel.

Tra il 1981 e 2019, la popolazione italiana è aumentata complessivamente di oltre 3 milioni di abitanti ma non uniformemente. Ci sono ben 3.805 comuni che hanno perso mediamente il 22% dei propri abitanti. Complessivamente, questi enti hanno pagato un tributo di quasi 4 milioni di abitanti (-3.996.457), in favore, generalmente, di centri più grandi e con un accesso più facile ai servizi pubblici essenziali.

La mappa dei comuni che hanno pagato negli ultimi decenni il pegno più alto in termini di desertificazione emerge da una elaborazione di Centro Studi Enti Locali (Csel), basata su dati Istat e del ministero per il Sud e la Coesione territoriale e realizzata per Adnkronos. Dove sono ubicati, dunque, questi 3.805 comuni i cui abitanti sono diminuiti nell’arco di tempo considerato? L’88% è equamente ripartito tra Nord e Sud Italia. I restanti comuni sono collocati al Centro del Paese.

Le regioni che ne contano in assoluto di più sono Piemonte e Lombardia, seguiti da Calabria, Campania, Sardegna, Sicilia e Abruzzo. Segue il Veneto con 167 comuni con popolazione in diminuzione, Lazio e Liguria la Puglia 126 e la Basilicata, con 110. Mediamente, queste amministrazioni con tendenza allo spopolamento sono di piccole dimensioni. Nei 212 comuni in cui il numero dei cittadini è calato di più del 50%, la popolazione media è pari a 475 abitanti.

Va detto, però, precisa Csel, che ci sono delle vistose eccezioni. Scorrendo infatti l’elenco dei comuni con il segno meno, troviamo anche alcune maxi amministrazioni, come Napoli che perso in quell’arco di tempo oltre 263mila residenti e Bari che ne ha perso 259mila. Significativo anche il calo demografico registrato a Milano (-198mila abitanti), Genova (-197mila), Catania (-84mila), Firenze (-81mila), Venezia (-77mila), Bologna (-63mila), Bari (-55mila), Palermo (-54mila), Cagliari (-46mila) e Taranto (-42mila).

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