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Dodici tra funzionari e politici. Tanti gli indagati a seguito dell’alluvione che tra il 5 ed il 12 novembre del 2008 ha colpito il comune di Acquaro, il piccolo centro del vibonese a conclusione delle indagini del pm Fabrizio Garofalo. A vario titolo il magistrato, da poco trasferito al Tribunale di Chiavari, contesta i reati di invasione di terreni ed edifici, deturpamento di cose altrui, rifiuto ed omissione d’atti d’ufficio, abuso d’ufficio, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, danno colposo e favoreggiamento personale.
Il provvedimento è stato notificato a Caterina Barilaro, 61 anni, di Acquaro; Angelo Vottari, 54 anni di Bovalino; Francesco Urzia, 37 anni, di Dasà; Maria Rosa Luzza, 55 anni, di Acquaro; Antonio Facciolo, 67 anni di San Nicola da Crissa; Mario Crupi, 48 anni di Acquaro; Domenico Scarmozzino, 44 anni di Acquaro; Salvatore Monteleone, 58 anni di Dinami; Palmo Giglio Aloe, 44 anni di Acquaro; Carmelo De Marco, 62 anni di Reggio Calabria; Francesco Defina, 60 anni di Sant’Onofrio; Domenico Nicolini, 59 anni di Vibo Valentia.
Agli indagati Barilaro, Vottari e Urzia è contestato il reato di invasione di terreni ed edifici e di deturpamento di cose altrui in concorso, per aver costruito una «tombinatura» abusiva su uno spazio demaniale, nelle rispettive qualità di committente, titolare dell’impresa esecutrice dei lavori e progettista.
Maria Rosa Luzza, già commissario prefettizio del Comune di Acquaro, e Antonio Facciolo, responsabile pro tempore dell’area tecnica comunale, avrebbero invece rifiutato il compimento di atti d’ufficio per non aver attivato i necessari interventi atti a salvaguardare la privata e pubblica incolumità relativamente al pericolo costituito dalla copertura del Rio Galeano», attestando in una nota l’assenza della necessità di dare corso ad una precedente ordinanza sindacale che disponeva la demolizione delle opere che andavano ad intasare il corso d’acqua, con ciò «procurando un ingiusto profitto» alla coindagata Barilaro.
Gli ex sindaci di Acquaro, Crupi (dal giugno 2004 al dicembre 2007) e Scarmozzino (da aprile 2008 a giugno 2009), unitamente ai responsabili dell’area tecnica comunale, Monteleone (da aprile a luglio 2004) e Aloe (da febbraio a marzo 2009), secondo la Procura di Vibo «omettevano di compiere un atto del loro ufficio che doveva essere compiuto senza ritardo per ragioni di sicurezza ed incolumità pubblica», per non aver adottato gli atti necessari a rimuovere le opere costruite sul Rio Galeano.
Defina e Nicolini, invece, nelle rispettive qualità di dirigente e tecnico dell’amministrazione provinciale di Vibo Valentia, secondo l’accusa in concorso «attestavano falsamente fatti dei quali l’atto era destinato a provare verità, laddove riferivano che la copertura del Rio Galliano in adiacenza alla particella di proprietà di Barilaro Caterina era stata autorizzata con autorizzazione in sanatoria e che la porzione di fondo in questione era da considerarsi accatastata a privati, omettendo di rilevare la realtà dei fatti». Stessa circostanza viene contestata a De Marco, in veste di dirigente regionale del dipartimento Lavori pubblici.
Infine la posizione di nove indagati – Barilaro, Vottari, Urzia, Luzza, Facciolo, Crupi, Scarmozzino, Monteleone e Aloe – viene aggregata nella contestazione di aver determinato, a vario titolo ed in conseguenza delle altre condotte a loro imputate dall’ufficio di Procura, «una restrizione del canale di scolo del Rio Galeano con opere realizzate in modo tale da aumentare il rischio di esondazione delle acque del Rio Galeano, causando così un’alluvione o, quanto meno, aumentando considerevolmente i suoi effetti, allorquando a seguito di un periodo di fitte ed intense piogge fra il 10 ed il 12 novembre del 2008 il canale di scolo del Rio Galeano si riempiva a tal punto da andare ad esondare. Motivo per cui si è verificato l’allagamento del centro abitato di Acquaro e segnatamente corso Umberto, comprese le vie adiacenti e la piazza del municipio, rimaste ricoperte di fango e detriti.

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