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REGGIO CALABRIA – Il Consiglio di Stato ha confermato lo scioglimento del Comune di Reggio Calabria per contiguità mafiose disposto nell’ottobre del 2012 dal Consiglio dei Ministri (LEGGI). I giudici del Consiglio di Stato infatti, hanno rigettato il ricorso presentato, tra i primi firmatari l’ex sindaco, Demetrio Arena, contro la decisione del Tar del Lazio che, nel novembre del 2013, aveva respinto il ricorso contro lo scioglimento. 

LEGGI LA PROROGA DELLO SCIOGLIMENTO

L’avvocato Francesco Migliarotti, estensore del ricorso al consiglio di Stato, ha affermato che «la sentenza del Consiglio di Stato risulta essere abnorme, va oltre lo stesso dettato normativo, che richiede, quali requisiti per lo scioglimento delle amministrazioni locali la presenza di ‘elementi concreti, univoci e rilevantì. Infatti, discostandosi da questa impostazione, il Consiglio di Stato non ha ritenuto dover esaminare la fondatezza dei rilievi formulati nella relazione della Commissione d’accesso, limitandosi ad una esame di contesto generale e partendo dal presupposto della veridicità assoluta i fatti ivi contestati». 
LEGGI LA SENTENZA DEL TAR LAZIO

«Paradossale – prosegue l’avv. Migliarotti – è la circostanza relativa ai rapporti di parentela e di frequentazione di alcuni Consiglieri Comunali, ebbene il Consiglio di Stato fa riferimento a due di loro (Nava e Bagnato) che non sono stati neanche individuati dal Ministero tra i soggetti responsabili dello scioglimento e, ad altri due (Paris ed Irto) per i quali il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato la richiesta di incandidabilità». 
«Ancora, sulla valutazione del contesto generale, nella sentenza – evidenzia il legale – assumono rilevanza le presunte infiltrazioni nelle società partecipate Leonia e Multiservizi relativamente alle quali di recente si é pronunciato Il tribunale di Reggio Calabria, in sede penale, demolendo l’intero l’impianto accusatorio. Ancora il Consiglio di Stato nonostante la copiosa documentazione prodotta in giudizio, assume a fondamento della decisione le ben note vicende delle cooperative sociali, sulla cui inconsistenza si è pronunciato di recente il Tar di Reggio Calabria. Infine emblematico è il caso del bene confiscato per il quale il Consiglio di Stato pur riconoscendo assoluta infondatezza dell’addebito, imputa alla amministrazione disciolta, in carica solo per diciotto mesi, la responsabilità di avere impiegato ben cinque anni ‘per chiarire, in modo definitivo, che il bene occupato dalla sig.ra Latella era diverso da quello confiscato». 
«In conclusione, è con amarezza, che si constata che il Consiglio di Stato – conclude – ha deciso sulla base di atti amministrativi risalenti ad epoche antecedenti all’amministrazione disciolta e per i quali i Tribunali amministrativi e penali si sono pronunciati certificandone l’insussistenza».
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