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I dati sul mare presentati ieri a Reggio Calabria dall’Arpacal, vanno dal 1 aprile al 30 settembre del 2010. L’Arpacal ha fatto ieri, nlla sala “G. Levato” di Palazzo Campanella, il punto della situazione al “Forum della balneazione in Calabria”, giunto alla sua quarta edizione. Tuttavia, l’Agenzia Regionale per la protezione dell’Ambiente della Calabria fa sapere che l’89,4% delle acque che bagnano i nostri 720 km di costa raggiungono il livello di “eccellenza”, contro un 2,19 % di scarsa qualità, quindi di non balneabilità; il restante 8% circa oscilla tra il “buono” e il “sufficiente”. «Dati positivi, ma – ha affermato Sandro Dattilo, Direttore del Centro Funzionale Strategico Arpacal – non pienamente soddisfacenti per chi, come noi, insegue il massimo risultato». Tra le città sul mare, fiore all’occhiello della regione risulta essere Crotone con la quasi totalità della propria costa balneabile, al contrario della provincia di Reggio Calabria che rappresenta la nota negativa del territorio, a causa delle precarie condizioni degli impianti di depurazione, ai quali però – dicono – si sta già provvedendo.
Sempre nell’anno 2010 in Calabria, sono state recuperate alla balneabilità – illustra nella sua relazione, Dattilo – dai 14, 5 km di costa dell’1 aprile ai 60,2 km del 3 marzo. «Intendo vivere questa nuova fase di impegno – ha detto, la neopresidente del CdA dell’Arpacal, Marisa Fagà – sulla base di due parole: concertazione e condivisione. Bisogna avviare un percorso comune con il mondo associazionistico-ambientale e anche con quello sindacale e istituzionale. L’ambiente – ha continuato, la Fagà – è centrale, nonché fondamentale, per lo sviluppo, l’economia e i fondi europei. In una crisi economica che ci rimanda al secondo dopoguerra e in una regione in cui il futuro stenta a profilarsi – ha aggiunto – è necessario utilizzare adeguatamente la nostra risorsa più importante: il mare». L’assessore regionale alle politiche ambientali, Francesco Pugliano, si è soffermato sull’importanza di riportare ogni cittadino a credere nella «cultura del mare», attraverso «un patto tra calabresi» che riesca a «risollevare l’economia della Calabria, senza andare a copiare altri modelli di sviluppo che non si addicono al nostro territorio».

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