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Marco Gallotta insegna nuoto nella piscina di Montereale: è lì da più di 30 anni
Arrestato l’istruttore comunale
L’accusa è violenza sessuale. E si scoprono altre segnalazioni anonime
IN piscina lo conoscevano tutti: Marco Gallotta è istruttore di nuoto nella struttura comunale di Montereale da più di 30 anni. Dipendente comunale, gestisce i corsi serali per adulti, quelli dalle 19 alle 21. Da ieri pomeriggio, però, Marco Gallotta è agli arresti domiciliari. Contro di lui accuse molto serie: l’uomo, di 60 anni, avrebbe usato violenza sessuale contro una giovane allieva. I fatti – dicono gli inquirenti – si sono svolti nel marzo scorso proprio durante una delle tante lezioni. Così ieri il personale della squadra mobile – sezione reati contro la persona e in danno di minori – ha messo l’uomo agli arresti domiciliari. 
E’ successo, molto probabilmente, tante altre volte. Ma stavolta la ragazza non ci sta: esce dalla piscina e va in Questura a denunciare. E quella denuncia, finalmente, fa partire le indagini su un istruttore di nuoto di trentennale esperienza a quanto sembra anche in fatto di palpeggiamenti. 
Quando la denuncia viene presentata manca il nome dell’istruttore. O meglio il suo cognome. Perché in piscina ci si dà del tu e allievi e istruttori si chiamano per nome. «Si chiama Marco, ma non conosco il cognome», riferisce la ragazza ai poliziotti. Che iniziano così a indagare. Esiste effettivamente un “Marco” in servizio presso l’impianto di Montereale. Ed è Gallotta. Si verificano le date e gli orari, che coincidono con quanto segnalato dalla ragazza. 
Allora gli uomini della squadra mobile vanno al Comune, chiedono il fascicolo dell’istruttore di nuoto. E fanno un’altra scoperta. Il caso denunciato non è il solo: in quel fascicolo ci sono altre tre segnalazioni. La prima risale al marzo del 2009. Solo segnalazioni, nessun’altra ragazza denuncia. E per questo Marco Gallotta resta al suo posto. 
«Non è proprio così – precisa l’assessore comunale allo Sport, Giuseppe Ginefra – non è rimasto al suo posto. Le segnalazioni, tutte anonime, arrivavano e noi l’abbiamo spostato. L’abbiamo messo anche all’Ufficio sport, lontano dal bordo vasca. Ma siccome c’erano solo segnalazioni (e pure anonime), subito intervenivano i sindacati. E lui ha la qualifica di istruttore di nuoto ed è tornato al suo posto. L’abbiamo spostato non più di cinque mesi fa».
Tutti in piscina sapevano. Il giorno dell’arresto tutti hanno un racconto. Marco Gallotta stava a bordo vasca da una vita e sembra che un po’ tutti avessero notato i modi non troppo ortodossi dell’istruttore. 
Che aveva una tecnica consolidata: sceglieva le ragazze più belle iscritte al corso di nuoto e decideva di dare loro lezioni “privatamente”. Dalla vasca grande le ragazze venivano invitate a seguirlo nella vasca più piccola, quella utilizzata di solito dai bambini.
A quel punto si impegnava a insegnare loro uno stile preciso, il dorso. Altri istruttori si aiutano con la tavoletta: la lanciano in acqua agli allievi e loro si esercitano così. 
Marco Gallotta no. Con le allieve prescelte decideva di entrare in acqua personalmente. Niente tavoletta, tanto c’era lui sotto a sostenerle. E in questo modo , a quanto sembra, si permetteva di tutto. Toccava le ragazze e si faceva anche toccare. Può succedere in acqua. E magari proprio così avrà risposto l’istruttore a chi reagiva. 
Può succedere. E così la ragazza non denunciava. Magari decideva di cambiare piscina, di segnalare qualche disagio. Ma tutto si fermava lì. 
«Ci era arrivata una lettera firmata da un fantomatico avvocato di Pietragalla – dice Ginefra – e noi lì l’abbiamo allontanato dalla piscina. Ma poi abbiamo verificato anche che quell’avvocato non esisteva. Abbiamo chiesto informazioni anche all’Ordine. Era chiaro che era una segnalazione che voleva restare anonima. Ma noi comunque l’abbiamo spostato. Solo che poi i sindacati l’hanno difeso a spada tratta. E non è così facile poter spostare un dipendente comunale da una parte all’altra».
E così, protetto dal suo posto di dipendente pubblico, protetto da un sindacato che difende per partito preso il lavoratore, per anni Gallotta si sarebbe sentito pienamente legittimato ad agire come ha sempre fatto. Tante ragazze hanno in silenzio subito violenza. Molte magari hanno scelto di non andare più in piscina, hanno smesso di nuotare perché c’era quell’istruttore che dava loro fastidio. 
Magari l’hanno detto a qualche altro istruttore, magari hanno inviato lettere anonime. Ma poi hanno visto che lui rimaneva al suo posto e hanno scelto in silenzio di andare altrove piuttosto che denunciare. 
Oggi gli altri istruttori di nuoto prendono le distanze. Temono che il comportamento del singolo possa danneggiare l’intera categoria. Perché tanti genitori, dopo questa storia, potrebbero aver paura a iscrivere le figlie al corso di nuoto della piscina di Montereale. E il rischio che l’unica piscina comunale della città possa perdere altri iscritti spaventa davvero. 
Resta grave che quei palpeggiamenti – stando a quanto va emergendo – siano stati consentiti tra l’indifferenza di tutti. Ora, di fronte all’arresto, tutti confidano di essere quasi sollevati perché sapevano e avevano segnalato. 
Perché nessuno abbia pensato di andare in questura a denunciare resta un mistero. Per fortuna ci ha pensato una ragazza. Giovane, ma sufficientemente coraggiosa da dire basta. Una volta per tutte.
Antonella Giacummo

IN piscina lo conoscevano tutti: Marco Gallotta è istruttore di nuoto nella struttura comunale di Montereale da più di 30 anni. Dipendente comunale, gestisce i corsi serali per adulti, quelli dalle 19 alle 21. Da ieri pomeriggio, però, Marco Gallotta è agli arresti domiciliari. Contro di lui accuse molto serie: l’uomo, di 60 anni, avrebbe usato violenza sessuale contro una giovane allieva. I fatti – dicono gli inquirenti – si sono svolti nel marzo scorso proprio durante una delle tante lezioni. Così ieri il personale della squadra mobile – sezione reati contro la persona e in danno di minori – ha messo l’uomo agli arresti domiciliari. E’ successo, molto probabilmente, tante altre volte. Ma stavolta la ragazza non ci sta: esce dalla piscina e va in Questura a denunciare. E quella denuncia, finalmente, fa partire le indagini su un istruttore di nuoto di trentennale esperienza a quanto sembra anche in fatto di palpeggiamenti. Quando la denuncia viene presentata manca il nome dell’istruttore. O meglio il suo cognome. Perché in piscina ci si dà del tu e allievi e istruttori si chiamano per nome. «Si chiama Marco, ma non conosco il cognome», riferisce la ragazza ai poliziotti. Che iniziano così a indagare. Esiste effettivamente un “Marco” in servizio presso l’impianto di Montereale. 

Ed è Gallotta. Si verificano le date e gli orari, che coincidono con quanto segnalato dalla ragazza. Allora gli uomini della squadra mobile vanno al Comune, chiedono il fascicolo dell’istruttore di nuoto. E fanno un’altra scoperta. Il caso denunciato non è il solo: in quel fascicolo ci sono altre tre segnalazioni. La prima risale al marzo del 2009. Solo segnalazioni, nessun’altra ragazza denuncia. 

E per questo Marco Gallotta resta al suo posto. «Non è proprio così – precisa l’assessore comunale allo Sport, Giuseppe Ginefra – non è rimasto al suo posto. Le segnalazioni, tutte anonime, arrivavano e noi l’abbiamo spostato. L’abbiamo messo anche all’Ufficio sport, lontano dal bordo vasca. Ma siccome c’erano solo segnalazioni (e pure anonime), subito intervenivano i sindacati. E lui ha la qualifica di istruttore di nuoto ed è tornato al suo posto. L’abbiamo spostato non più di cinque mesi fa».Tutti in piscina sapevano. Il giorno dell’arresto tutti hanno un racconto. Marco Gallotta stava a bordo vasca da una vita e sembra che un po’ tutti avessero notato i modi non troppo ortodossi dell’istruttore. Che aveva una tecnica consolidata: sceglieva le ragazze più belle iscritte al corso di nuoto e decideva di dare loro lezioni “privatamente”. Dalla vasca grande le ragazze venivano invitate a seguirlo nella vasca più piccola, quella utilizzata di solito dai bambini. 

A quel punto si impegnava a insegnare loro uno stile preciso, il dorso. Altri istruttori si aiutano con la tavoletta: la lanciano in acqua agli allievi e loro si esercitano così. Marco Gallotta no. Con le allieve prescelte decideva di entrare in acqua personalmente. Niente tavoletta, tanto c’era lui sotto a sostenerle. E in questo modo , a quanto sembra, si permetteva di tutto. Toccava le ragazze e si faceva anche toccare. Può succedere in acqua. E magari proprio così avrà risposto l’istruttore a chi reagiva. Può succedere. E così la ragazza non denunciava. Magari decideva di cambiare piscina, di segnalare qualche disagio. Ma tutto si fermava lì. «Ci era arrivata una lettera firmata da un fantomatico avvocato di Pietragalla – dice Ginefra – e noi lì l’abbiamo allontanato dalla piscina. Ma poi abbiamo verificato anche che quell’avvocato non esisteva. Abbiamo chiesto informazioni anche all’Ordine. Era chiaro che era una segnalazione che voleva restare anonima. 
Ma noi comunque l’abbiamo spostato. Solo che poi i sindacati l’hanno difeso a spada tratta. E non è così facile poter spostare un dipendente comunale da una parte all’altra».E così, protetto dal suo posto di dipendente pubblico, protetto da un sindacato che difende per partito preso il lavoratore, per anni Gallotta si sarebbe sentito pienamente legittimato ad agire come ha sempre fatto. Tante ragazze hanno in silenzio subito violenza. Molte magari hanno scelto di non andare più in piscina, hanno smesso di nuotare perché c’era quell’istruttore che dava loro fastidio. Magari l’hanno detto a qualche altro istruttore, magari hanno inviato lettere anonime. Ma poi hanno visto che lui rimaneva al suo posto e hanno scelto in silenzio di andare altrove piuttosto che denunciare. Oggi gli altri istruttori di nuoto prendono le distanze. Temono che il comportamento del singolo possa danneggiare l’intera categoria. Perché tanti genitori, dopo questa storia, potrebbero aver paura a iscrivere le figlie al corso di nuoto della piscina di Montereale. E il rischio che l’unica piscina comunale della città possa perdere altri iscritti spaventa davvero. Resta grave che quei palpeggiamenti – stando a quanto va emergendo – siano stati consentiti tra l’indifferenza di tutti. Ora, di fronte all’arresto, tutti confidano di essere quasi sollevati perché sapevano e avevano segnalato. Perché nessuno abbia pensato di andare in questura a denunciare resta un mistero. Per fortuna ci ha pensato una ragazza. Giovane, ma sufficientemente coraggiosa da dire basta. Una volta per tutte.

 

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