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GIORGIA Calamita ha sempre cercato di conciliare al meglio l’aspetto lavorativo e quello di mamma. Ma da qualche mese la sua vita è stata stravolta.

Costretta, per un provvedimento aziendale a doversi trasferire a 1.000 chilometri di distanza da casa sua. La sua storia comincia da lontano e precisamente nel 1992 quando con un contratto di formazione e lavoro inizia la sua esperienza all’interno della Sata di San Nicola di Melfi e , dopo qualche tempo, nell’organigramma della Fenice spa, quale “impiegata Tecnologa”. Giorgia ha avuto sempre a cuore i destini dei lavoratori.

Infatti durante la cosiddetta “primavera di Melfi” è in prima linea a combattere per i diritti delle maestranze. Poi arrivano i due figli e dopo aver usufruito del congedo per gravidanza difficile e di quello di maternità obbligatoria, nel 2009 rientra stabilmente in fabbrica.

Il lavoro di mamma aveva bisogno di un supplemento, pertanto chiede di trasformare il proprio contratto da tempo pieno, a parziale orizzontale. L’azienda accetta e tutto sembra procedere per il meglio.

Invece qualcosa si incrina, a suo dire, fino ad arrivare a un demansionamento, passa cioè da un ruolo di responsabilità ad uno ripetitivo e privo di autonomia organizzativa. Da qui in avanti per la giovane mamma inizia una sorta di via Crucis. Prima il demansionamento, poi, sempre secondo la sua versione, i rapporti con il proprio responsabile si deteriorano irrimediabilmente. Si arriva così alla fine del 2014 quando la Fiom-Cgil regionale, con nota del 9 dicembre 2014 a firma dell’allora segretario regionale Emanuele De Nicola, diffida il responsabile e la direzione del personale di Fenice dal continuare in simili atteggiamenti discriminatori.

Giorgia, unitamente alla Rsu Fiom, si rivolge alla Consigliera di Parità della Provincia di Potenza che fissa un incontro per il 24 aprile 2015, presso gli uffici della Provincia di Potenza chiamando formalmente al tavolo anche l’azienda. I rappresentanti di Fenice non si presentano. Anzi. Qualche settimana prima, precisamente, l’8 aprile, l’azienda comunica l’intenzione di trasferire Giorgia Calamita presso la sede di Chivasso in provincia di Torino.

La stessa società poi comunica che il trasferimento ad oltre 1.000 chilometri di distanza, avrebbe avuto effetto dal 4 maggio successivo. Il provvedimento è come un fulmine a ciel sereno per la donna. Nonostante l’avvio da parte della Fiom di un tavolo con l’azienda e la solidarietà di diversi colleghi, a oggi non è stato ritirato.

Per Giorgia gli ultimi mesi sono stati devastanti. Attualmente è in malattia e presenta uno stato ansioso-depressivo reattivo che sta curando con dei farmaci.

Sulla vicenda è intervenuto il senatore Sel, Giovanni Barozzino che parla di «primi effetti del Jobs act». «Chiedo al Presidente del Consiglio dei ministri, al Dipartimento per le Pari Opportunità e al Ministro del lavoro, – spiega – se non ritengano di dover intervenire nei confronti dell’Azienda Fenice per far rientrare una disposizione che si qualifica come evidente discriminazione, in palese contrasto – ha concluso – con tutte le disposizioni normative a tutela della maternità».

Questa mattina la Fiom Basilicata, che si è rivolta alla magistratura ordinaria per bloccare il provvedimento, nel corso di una conferenza stampa spiegherà le ragioni che hanno spinto il sindacato a intraprendere la battaglia legale contro: «l’ennesimo atto da parte di Fenice gravissimo e lesivo della dignità delle donne». L’appuntamento è per le 9.30 in via Bertazzoni. Parteciperanno tra gli altri i legali Franco Focareta e Lina Grosso.

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