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POTENZA – «Non parlar male degli amici che meritano rispetto perché qualcuno di questi potrebbe offendersi… e ti viene a tagliare la testa». 
Era il 2004 e Agatino Mancusi ammoniva in questo modo il suo candidato, che era appena uscito sconfitto dalle elezioni comunali nonostante l’appoggio promesso dagli «amici». Loro, tanto per capirsi, erano quelli che si occupavano della sicurezza allo stadio. Perché sebbene il presidente del Potenza sport club «voleva far venire i napoletani», l’allora consigliere regionale di Forza Italia – che poi sarebbe diventato vicepresidente della giunta regionale – aveva in mente ben altri progetti. «Ho detto: “Quali napoletani! Ma perché gli amici nostri sono coglioni? Chiamiamo agli amici”». Si rivolgeva così Mancusi al luogotenente del boss: «E’ una forma di rispetto nei tuoi confronti, nei confronti di tutti gli amici!» 
Sono passaggi salienti delle intercettazioni alla base delle accuse contro l’ex assessore all’ambiente e alle infrastrutture della Regione, il candidato Luigi Biscione (attuale consigliere d’amministrazione di Acqua spa), più altre 7 persone, tra le quali il re delle preferenze del consiglio comunale di Potenza Roberto Galante, e il consigliere regionale Luigi Scaglione. Ieri pomeriggio, mentre si decideva sulle richieste di rinvio a giudizio dell’inchiesta sulle infiltrazioni della mala all’ombra dello stadio Viviani, sono stati notificati a tutti loro gli avvisi di conclusione delle indagini sulle rivelazioni dell’ultimo padrino pentito dei basilischi Antonio Cossidente a proposito di mafia e politica nel capoluogo. 
Stando a quanto stabilito dal gup Rosa Larocca l’ex patron del Potenza sport club Giuseppe Postiglione, e con lui a vario altre 9 persone, dovranno rispondere di una serie di accuse inclusa quella di aver messo in piedi un’associazione a delinquere finalizzata alle frodi sportive. Non più – però – di aver fatto parte di un vero e proprio clan, dividendo la gestione della società col padrino. Derubricate allo stesso modo le intimidazioni ai tifosi, ad alcuni dirigenti e ai giocatori avversari, mentre nell’ambito della stessa udienza sono state definite le condanne per chi aveva optato per il rito abbreviato: Antonio Cossidente (4 anni), Alessandro Scavone (2 anni e 4 mesi), Michele Scavone (2 anni e 8 mesi), e un ispettore di Polizia, Giuseppe Botta (un anno e 8 mesi). Un altro ispettore, Marino Ianni, è stato assolto. Hanno poi patteggiato in 3 Cesare Montesano (1 mese e 10 giorni), Antonio De Angelis (1 anno e 2 mesi) e Antonio Lopiano (1 anno e 2 mesi). 
Scaglione è stato rinviato a giudizio per concorso esterno semplice, e alcuni rimborsi sospetti per spese di viaggio. Ma l’aggravante mafiosa appena scomparsa è riemersa identica seppure per fatti diversi nel nuovo capo d’accusa, quello appena notificato, dove figurano anche l’ex assessore comunale al bilancio Rocco Lepore (già condannato a 7 anni in primo grado sempre per concorso esterno), il boss pentito e un suo uomo, Michele Di Bello, per l’incendio della porta dello studio dell’avvocato Massimo Molinari (in contrasto con Lepore per questioni di partito), Paolo Santangelo (cugino di Galante e dipendente del Don Uva), accusato di false informazioni al pm, e proprio il luogotentente di Cossidente, Carmine Campanella attualmente detenuto al 41bis. 
Postiglione e gli altri (Aldo Fanizzi, Pasquale Giuzio, Luca Evangelisti, Raffaele De Vita, Ettore Todaro, Donato Lapolla, Antonio Di Pasquale, Paolo Spada e Giorgio Nobile) dovranno comparire il prossimo 20 febbraio davanti ai giudici del collegio del Tribunale per l’inizio del dibattimento. Per Mancusi e i destinatari degli avvisi notificati ieri pomeriggio resta ancora -invece – la possibilità di presentare memorie farsi interrogatore, prima che il pm decida se richiedere o meno un rinvio a giudizio.

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