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POTENZA – Una valanga di soldi, cifre che fanno venire i brividi, soprattutto nel giorno in cui Bruxelles ufficializza il declassamento della Basilicata a zona Obiettivo convergenza (ex obiettivo 1), per non aver conseguito una crescita del Pil tale da consentire alla regione di portarsi fuori dalla fascia delle aree sottosviluppate, nonostante le previsioni. L’Europa decide in base a quei dati statistici che ci dicono come il prodotto interno lordo lucano non solo non sia cresciuto, ma addirittura sia tornato a livelli simili a quelli del 2001: fermo al 75 per cento della media europea, facendo così scattare l’automatico passo indietro. Un po’ quello che è accaduto anche nelle altre regioni del Mezzogiorno, incapaci di fronteggiare la sfavorevole congiuntura economica. 

Ma per la Basilicata l’involuzione ha il sapore di una doppia beffa. E non solo perché a un certo punto del percorso della crescita agevolata dagli aiuti europei la Regione si era distinta tra le altre per i risultati raggiunti. Ma soprattutto perché in base alla ricchezza del suo sottosuolo la Basilicata non può considerarsi al pari delle altre regioni. Nelle casse degli enti pubblici, a partire dalle Regione, per arrivare ai comuni, sono arrivati milioni e milioni di euro. Dire che i traguardi raggiunti, in termini di sviluppo, siano lontani dai risultati attesi in virtù delle estrazioni, è ormai un esercizio di retorica. Ma quando ce li hai di fronte, quei numeri, capisci che il senso di sconforto per il paradosso tutto lucano non sarà mai abbastanza. 

Le cifre sono quelle che arrivano dal Ministero dello Sviluppo economico. La direzione generale per le Risorse minerarie ed energetiche ci informa del flusso delle compensazioni economiche derivanti dall’estrazione del greggio: a chi sono andate, e soprattutto in quali quantità. L’ultimo aggiornamento è datato agosto 2013 e ci dà conto delle aliquote della produzione di gas e olio del 2012 versate alla data del 30 giugno del 2013 e quelle relative alla produzione di gas del 2011, versate a seguito della aste effettuate presso la piattaforma di negoziazione P-Gas a gennaio del 2013. Sommando queste due voci il calcolo è facile: il gettito di un solo anno ha portato nelle casse della Regione 168.974.961 euro (più di 91 milioni versati da Eni e altri 77 milioni di Shell Italia). Quasi 50 milioni in più rispetto all’anno precedente. E in totale, dal 2008 ad oggi, più di 762 milioni di euro. 

Compensazioni dirette, al netto, a esempio, di quelle derivanti dal Po Val d’Agri. Sappiamo – come ha spiegato il presidente De Filippo nella recente conferenza stampa di fine mandato – che la congiuntura economica negativa degli ultimi anni e il sensibile taglio ai trasferimenti centrali ha portato a utilizzare sempre più spesso questo tesoro per continuare a garantire servizi fondamentali, a partire dall’ateneo lucano. Insomma, una sorta di bancomat – un paragone utilizzato più di qualche volta – a cui attingere per far fronte alla progressiva riduzione di risorse. Attenuanti che però non può bastare a liquidare la questione dell’utilizzo delle royalty e soprattutto non eliminano quell’interrogativo che pesa come una spada di Damocle sulla testa della Regione: perché una parte di quelle risorse non è stata indirizzata verso investimenti che avrebbero dovuto fare da moltiplicatori di sviluppo?  

Sconfitta ancora più cocente se si guarda al flusso delle royalty finite nelle casse dei comuni interessati dalle attività estrattive. Se siete mai stati in Val d’Agri e avete visitato i comuni delle valle che ospita  il Centro Oli, vi sembrerà quasi fantascienza sapere che questa dovrebbe essere la zona più ricca d’Italia. Basta dare un’occhiata alla griglia del ministero che riporta il gettito suddiviso per comuni per concludere che sono quelli lucani i più pagati. Viggiano è in testa alla classifica e stacca di molto quelli che vengono dopo. Dal 2008 ad oggi nelle casse municipali sono finiti ben 83 milioni e mezzo di euro. Che equivale a 25 mila euro per ognuno dei 3200 abitanti. Un’enormità di danaro di cui non ci sono molte tracce sul territorio.  Le aree industriali raccontano un’altra storia. Le attività artigianali o legate all’agricoltura e all’allevamento – ormai compromesse (almeno in termini di immagini) dalla forzata convivenza con le attività estrattive – sono allo stesso livello di quelle di qualsiasi altra area dell’entroterra del Mezzogiorno.

Guadagnano meno, ma comunque tantissimo gli altri comuni lucani interessati dalle estrazioni: nella classifica relativa al gettito del 2013, dopo Viggiano, seguono Calvello (più di 4 milioni in un solo anno), Grumento Nova (tre milioni), Marsico Nuovo (2 milioni), Montemurro (720 mila euro). Non solo. Negli anni hanno ricevuto laute “ricompense” anche comuni come Ferrandina (il fallimento della Valbasento non ha bisogno di troppe presentazioni), Pisticci e Salandra. Va detto che le royalty non possono essere utilizzate per sostenere la spesa corrente. Così com’è vero che anche queste risorse sono vincolate ai limiti del patto di stabilità che le amministrazioni sono tenute a rispettare. Un ostacolo che va superato per evitare di ingessare l’economia degli enti su questo tipo di risorse. Sul punto si è sentito alzare la voce in qualche occasione. Al momento manca, però, un’azione politica forte che vada in questa direzione. Ma, a parte gli ostacoli che si sono frapposti nel tempo, nel paradosso della Basilicata ricca in teoria e povera nei fatti c’è una lacuna che pesa su tutte: la mancanza di programmazione. Perché una cosa è spendere una parte di quelle risorse per un intervento limitato (la realizzazione di un’opera, a esempio) e in grado di produrre occupazione solo per un determinato periodo di tempo. Diverso è, anche in questo caso, tanto per fare un esempio, costruire un impianto a energia “pulita” che consenta di abbassare la bolletta energetica delle aziende, quindi richiamare imprese sul territorio, e creare occupazione di lunga durata. La recente azione dei sindaci della Val d’Agri, guidata dall’amministrazione di Viggiano, che ha chiuso un accordo integrativo con Eni e Shell sul gas aggiuntivo che verrà estratto nella zona, va in questa direzione. Ma le royalty, che comunque continueranno a essere versate, sono un discorso a parte. La legge prevede che il ristoro economico ai comuni del petrolio sia destinato allo sviluppo dell’occupazione, delle attività economiche, all’incremento industriale e a interventi di miglioramento ambientale. A giudicare dai risultati, siamo ampiamente al di sotto di ogni aspettativa.

m.labanca@luedi.it

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