X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

POTENZA – La Basilicata è insieme alla Calabria la regione d’Italia dove il rischio idrogeologico coinvolge almeno un centinaio di comuni.
Questo il dato allarmante che viene fuori dal rapporto delle Cgia di Mestre su dati dell’Ispra (Istituto superiore per la ricerca ambientale) sulla cementificazione nel nostro Paese.
Dalla fine degli anni Ottanta al 2012, la cementificazione in Italia ha registrato un aumento boom soprattutto nel Veneto (+3,8%).
La media nazionale della crescita tra il 1989 e il 2012 è del +1,9%.
Nel 2012 (ultimo anno disponibile) l’estensione del suolo coperto da asfalto o cemento in Italia copriva il 7,3% dell’ intera superficie nazionale.
A livello territoriale guidavano questa speciale graduatoria le regioni più popolate, come la Lombardia e il Veneto (entrambe col 10,6%), la Campania (9,2%), il Lazio (8,8%), l’Emilia Romagna (8,6%), la Puglia e la Sicilia (entrambe con l’8,5%).
«In questa analisi – segnala Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia – abbiamo valutato il consumo di suolo, vale a dire la quota di superficie coperta con asfalto e cemento interessata dalla costruzione di edifici, capannoni, strade, infrastrutture, insediamenti commerciali, rispetto alla superficie totale».
Ebbene «le realtà maggiormente interessate dalla cementificazione sono anche quelle che in questi ultimi anni hanno subìto i danni ambientali più pesanti a seguito di allagamenti, esondazioni, frane e smottamenti, che hanno martoriato i residenti di questi territori. In altre parole, dove si è costruito di più, i dissesti idrogeologici sono stati maggiori».
Gli aumenti a livello regionale registrati tra il 1989 e il 2012 hanno interessato soprattutto il Veneto con il +3,8%, il Lazio con il +2,9%, la Sicilia con il +2,6%, le Marche con il 2,5% e la Lombardia con il +2,4%.
Se, invece, prendiamo in esame il numero di Comuni censiti dal ministero dell’Ambiente ad alta criticità idrogeologica, notiamo che le Regioni più a rischio sono quelle più piccole: in Valle d’Aosta, in Umbria, in Molise, in Basilicata e in Calabria il 100 per cento dei comuni è a rischio.
Si tratta di quelle aree che per caratteristiche orografiche sono prevalentemente collinari, montuose e quindi potenzialmente più esposte al rischio idrogeologico.
I territori con meno criticità, invece, sono la Sicilia (71% dei Comuni interessati), la Lombardia (60,1%) e il Veneto (56,3%).
L’Italia continua a scoprirsi sempre più fragile soprattutto quando viene colpita da eventi estremi, come le alluvioni di questi giorni. Ed il nervo del dissesto idrogeologico è quello più sensibile. E “scopre” che oltre 6.600 comuni, pari all’82% del totale, sono in aree ad elevato rischio idrogeologico, pari al 10 per cento della sua superficie. Questo quanto emerge anche da recenti analisi fatte da Legambiente e Protezione civile, che mettono in evidenza come in 10 anni in Italia sia raddoppiata l’area dei territori colpiti da alluvioni e frane, passando da una media di quattro regioni all’anno a otto regioni.
E anche rispetto alle analisi di Legambiente e Protezione civile la Basilicata conquista il triste primato: il 100 per cento dei comuni lucani sono a rischio idrogeologico .
Tra le cause che condizionano ed amplificano il rischio idrogeologico c’è l’azione dell’uomo (abbandono e degrado, cementificazione, consumo di suolo, abusivismo, disboscamento e incendi). ma anche e soprattutto la mancanza di una seria manutenzione ordinaria e una politica di prevenzione.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE