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«NON raddoppiamo le estrazioni petrolifere ma raddoppiamo la popolazione». Questo il messaggio di “L’oro nero che non si estrae”, primo numero dei quaderni Ires Cgil della Basilicata presentato ieri a Potenza al Museo Provinciale.
A confronto, gli immigrati – l’oro nero che non si estrae, appunto – e il petrolio. Una forzatura? «Più che altro una provocazione – spiega Giovanni Casaletto, presidente Ires Basilicata – Un’estensione semantica». Per dire che «bisogna investire su quell’oro nero che ormai non solo è parte della nostra società ma è una parte irrinunciabile».
In un momento in cui l’immigrazione fa paura per il crescente flusso in arrivo nel nostro Paese e in Basilicata, dove il governo regionale ha mostrato tutta la sua apertura all’accoglienza, il sindacato e l’istituto di ricerca entrano a gamba tesa, cercando di sfatare alcuni dei tanti luoghi comuni che l’immigrazione trascina con sé. «Primo fra tutti – riprende Casaletto – che queste persone tolgono lavoro agli italiani. E non è vero non solo perché non c’è concorrenzialità diretta ma perché c’è addirittura una sostituzione in alcuni settori più esposti alla crisi, con la sempre maggiore presenza di stranieri altamente istruiti».
In Basilicata a oggi sono presenti 17.000 stranieri. Dal 2002 al 2010 i residenti stranieri sono quadruplicati. Dal 2007 al 2013 i lavoratori stranieri occupati in agricoltura sono passati dal 2,9 per cento al 17,9 per cento. Il dato, particolarmente concentrato in Val D’Agri e nel Vulture Alto Bradano (37 per cento della forza lavoro) sarebbe indicativo di come la manodopera immigrata – si legge nel rapporto – sia componente strutturale del settore agricolo lucano. Sull’agricoltura aggiunge l’assessore regionale al ramo Luca Braia: «L’immigrazione va inquadrata in contesto più ampio, di riordino di ruoli e funzioni e nella valorizzazione dei nostri prodotti nel rispetto del territorio e del paesaggio». Le imprese a titolarità italiana in Basilicata, inoltre, hanno un saldo negativo contro quello positivo di quelle straniere. Se a questi dati si accostano quelli del calo demografico , con un tasso negativo specialmente nelle fasce d’età tra i 18 e i 35 anni, ecco che l’immigrato diventa risorsa. «In una nazione sempre più vecchia – afferma il direttore generale dell’Inps regionale Antonio D’Ago – dove si stima che nel 2030 gli ultra sessantacinquenni saranno 16 milioni e mezzo, gli immigrati sono coloro che non solo contribuiscono ma reggono il nostro welfare, da intender quindi non come costo ma investimento se trasformiamo i bisogni in servizi». Ma non è solo in questi termini che l’immigrato è risorsa. Dice Ivana Gali, segretaria nazionale Flai Cgil: «Il tasso di sindacalizzazione tra gli stranieri è molto alto, spesso le maggiori vertenze, le maggiori lotte e le maggiori vittorie, specialmente in agricoltura, partono proprio da loro». Non va infatti dimenticato il sommerso, il caporalato, lo sfruttamento. Ecco perché, secondo il sindacato e Ires Basilicata, accanto al disegno di legge regionale sull’immigrazione è importante che la Regione Basilicata «valorizzi il patrimonio edilizio in disuso, istituisca l’albo delle badanti e la certificazioni dei mediatori culturali, superando il doppio binario dell’accoglienza come gestione dei flussi ed emergenza potenziando quella ordinaria dello Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati)».

 

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