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Nomine, incarichi, concorsi e attività dell’Arpacal; su tutto questo puntano le indagini del sostituto procuratore, Gerardo Dominijanni (in foto), relativamente all’inchiesta avviata sull’Arpacal. Si indaga anche sull’utilizzo dei fondi Por per l’acquisto di materiali, alla luce delle ulteriori ombre di sospetto allungate da diversi dirigenti e sindacalisti sentiti dagli ispettori del Nisa in qualità di “persone informate sui fatti”, che hanno puntato il dito anche sull’operato del Cda dell’Ente.
Una sorta di “Modello Arpacal” assimilabile al famigerato “Modello Reggio”, caratterizzato da una forte ingerenza della politica che non lascerebbe spazio all’effettiva attività di sorveglianza che dovrebbe essere messa in campo dall’Ente, notevolmente provato da un’infinita gestione commissariale che non sembra essere riuscita a sollevarne le sorti come il mandato avrebbe richiesto. Tanto che, accanto al capitolo aperto sulla nomina sospetta di tre dirigenti, che ha portato all’emissione di un avviso di garanzia per abuso d’ufficio in concorso a carico di Maria Maddalena Di Lieto, Antonio Scalzo e Domenico Lemma (nelle rispettive qualità di responsabile del procedimento “incriminato”, di direttore scientifico e di commissario), altri ne sono spuntati in relazione ai disastri ambientali registrati in Calabria nel corso degli anni e alle mancate risposte dell’Arpacal, peraltro priva di un sistema di convenzioni che depaupera l’Ente di importanti risorse finanziarie, che ne indebolisce l’azione di controllo.
Aspetti diversi di un’unica inchiesta, che, tuttavia, al momento si sta concentrando sull’ammissione del sindacalista, Francesco Caparello, al concorso pubblico per dirigente amministrativo presso l’Arpacal e al successivo incarico di responsabile di struttura semplice, conferito anche a Pietro De Sensi e Giuseppe Giuliano, in data 19 febbraio del 2008, al fine di verificare la sussistenza delle irregolarità, denunciate, in un dettagliato esposto inoltrato in Procura, da parte di un altro dirigente dell’Ente, che, nel caso di Caparello, aveva ipotizzato irregolarità concorsuali e incompatibilità di cumulo tra impieghi e incarichi, ovvero tra le funzioni di dirigente del personale e quella di dirigente sindacale che, a tutt’oggi, riveste. Violazioni analoghe a quelle ipotizzate anche rispetto al conferimento dell’incarico di Struttura semplice agli altri due dirigenti, quando ancora gli stessi stavano svolgendo il periodo di prova e prima dei cinque anni di attività dirigenziale nella posizione iniziale, con tanto di maggiorazione stipendiale, rispetto alla quale era stato lo stesso direttore amministrativo pro-tempore dell’Agenzia, Stefania Polimeni, a sollecitare, all’epoca dei fatti, al commissario dell’Arpacal, Rita Santagati, un adeguamento contrattuale agli altri dirigenti, con la riduzione dello stipendio da oltre 2600 euro a 1000 euro, tramite una delibera che, tuttavia, era stata bloccata autonomamente proprio dal De Sensi, salvo restituire la differenza economica a dicembre scorso, dunque ad inchiesta già avviata. Ed è anche di questo che ha parlato la stessa Stefania Polimeni con gli ispettori del Nisa, ai quali ha fornito ulteriori spunti investigativi ritenuti utili ad allargare il raggio d’azione della Procura. Sulla stessa scia il “faccia a faccia” con l’ex direttore amministrativo Luciano Rossi, firmatario dei contratti “incriminati” e che, a quanto pare, oggi come oggi non li avrebbe firmati, avendo riconosciuto l’anomalia della procedura seguita.

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