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POTENZA – Anche i ricchi piangono. Il titolo della famosa soap opera degli anni ’80 torna utile per descrivere il clima che ormai da tempo si respira nel i corridoi della Confindustria lucana. Negli stessi uffici dove per anni sono approdate le principali vertenze aziendali lucane, questa volta a fare notizia sono le difficoltà economiche che sta vivendo la stessa confederazione.

La crisi non risparmia neanche loro. I circa 25 dipendenti dell’associazione degli industriali, dai trattamenti economici che negli anni passati hanno fatto invidia a molti, e che ora, al pari di quanto avviene in quasi tutte le aziende presenti sul territorio, devono fare i conti con tempi che non sono più quelli di una volta. Già da tempo, la direzione ha ritenuto necessario far ricorso a una sorta di contratto di solidarietà, che prevede una riduzione degli orari di lavoro e stipendi più bassi.  Cui si è aggiunta l’adozione di altre misure per contenere i costi della più importante associazione imprenditoriale.

Per dirla tutta, i venti di crisi arrivano da lontano. A spiegarlo è lo stesso direttore generale di Confindustria Basilicata, Giuseppe Carriero. «Il primo grande contraccolpo – commenta – lo abbiamo subito con la fuoriuscita di Sata, sulle orme di quanto aveva fatto Fiat a livello nazionale». Una scelta, quella del Lingotto, che poco aveva a che fare con motivazioni di tipo economiche, ma dettata da una volontà  per lo pi\ “politica”. Ma la fuoriuscita della più importante azienda lucana, lo stabilimento Fiat più grande del Mezzogiorno, ha avuto delle conseguenze economiche ben precise sul bilancio dell’associazione. 

Su cui, con il tempo, è finito per pesare anche il ridimensionamento delle entrate, derivante dalle difficoltà economiche in cui versano molte delle aziende lucane iscritte a Confindustria.  Che anche lì dove riescono ancora a sopravvivere, devono fare i conti con lunghi periodi di cassa integrazione.

«Viviamo delle quote associative che versano i nostri iscritti – spiega ancora il direttore generale – Molte delle quali, oggi, sono con alle prese con seri problemi. Facile comprendere, quindi, come questo influisca anche sulla salute dell’associazione. Ma, detto questo, è anche opportuno e necessario chiarire che per quanto ci siamo trovati ad affrontare qualche problema in più, siamo lontani dall’essere in una situazione critica. Per fortuna abbiamo risorse interne, come la società di servizi, che ci consentono di attenuare gli effetti delle difficoltà che stiamo vivendo». E assicura: «Nessun posto di lavoro è a rischio. Non è di questo che stiamo parlando. E il ricorso a strumenti come il contratto di solidarietà serve proprio a scongiurare altri pericoli. Insomma, occorre qualche sacrificio in più, in un momento in cui a fare i sacrifici sono tutti. E sicuramente non possiamo lamentarci».

m.labanca@luedi.it

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