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SONO 1740 chilometri quelli che Chiara Rizzo, moglie dell’ex deputato latitante reggino Amedeo Matacena ha percorso sotto la custodia della Direzione investigativa antimafia, che l’ha prelevata ammanettata al confine con la Francia. Nonostante un viaggio così, iniziato alle 8 di mattina a Marsiglia (LEGGI) e che si conclude a notte fonda a Reggio Calabria, e nonostante quello che la aspetta, Chiara Rizzo, ormai ex Madame Champagne, ha dichiarato «contenta di essere in Italia». Lo aveva detto subito agli uomini della Dia di Genova, che sono andati al confine di Stato di Ponte San Luigi (Imperia) per prenderla in carico dalla Gendarmerie francese che l’ha prelevata alle 8.30 dal carcere delle Baumettes, a Marsiglia, dove si trovava dal 12 maggio quando il Parquet di Aix en Provence ha convalidato l’arresto avvenuto all’aeroporto di Nizza. E persino sorridente è sembrata la sua espressione all’arrivo a Reggio Calabria.

GUARDA LA GALLERY: LADY MATACENA DALLE COPERTINE ALLE MANETTE

Il lungo tragitto si completa poco prima della mezzanotte in un carcere alla punta della Penisola. Personale del Centro Dia di Reggio Calabria, diretto dal colonnello Gianfranco Ardizzone, era già sulla pista dell’aeroporto di Reggio Calabria in attesa dell’arrivo del volo proveniente da Roma. Pronte anche alcune volanti della polizia, coordinate dal vice questore Giuseppe Giliberti, che hanno scortato l’auto sulla quale Chiara Rizzo ha raggiunto il penitenziario reggino di Arghillà, dopo una tappa in questura per le foto segnaletiche.

Tutto è avvenuto sotto i riflettori mediatici e con uno spiegamento di forze di polizia enormi. Arrivando a Ponte San Luigi Chiara Rizzo aveva chiesto «Adesso mi togliete le manette?» e quando scende per prima dalla scaletta dell’aereo a Fiumicino tace, scostandosi appena i lunghi capelli biondi dal viso. 

La giornata italiana, dopo una settimana di carcere a Marsiglia, inizia quando manca una manciata di minuti alle 11. La Ford bianca con i vetri scuri della Gendarmerie arriva preceduta dai gendarmes in moto e dal furgone con dentro quattro uomini armati con i fucili mitragliatori. I gendarmes bloccano il tronco di strada tra il territorio francese e quello italiano dove si trova il posto di frontiera italo-francese. Chiara Rizzo ha una catena legata in vita alla quale sono assicurati i ferri che le legano i polsi, una t-shirt celeste, giacca chiara, jeans e scarpe da tennis, gli occhiali scuri che coprono gli occhi sul volto smagrito senza un filo di trucco. Il trolley della Luis Vuitton. I capelli biondi lavati di fresco. Entra accolta dalla baraonda dei fotografi che la chiamano come se fosse sul red carpet, lei si appoggia all’agente della Dia, cerca di
nascondere le mani legate alla vita. «I francesi mi hanno dato acqua e biscotti» e quindi non ha «bisogno di altro. Vorrei solo telefonare». 

Parole poche, ma evidente il sollievo di essere presa in carico dalla polizia italiana. Chiara Rizzo resta in caserma più di mezz’ora, guarda appena il provvedimento del giudice di Reggio Calabria, ottiene la possibilità di telefonare alla figlia Francesca alla quale chiede notizie di Athos, il figlio più piccolo. E ripete: «sono contenta di essere in Italia». Non piange, ma i poliziotti più tardi diranno che era «commossa» quando la polizia italiana le toglie finalmente i ferri «perché contrariamente ai francesi –
spiegheranno più tardi i poliziotti – mettiamo le manette nei trasferimenti solo se il detenuto è pericoloso».

Dopo 34 minuti, la donna esce senza più manette ai polsi. E qui comincia il lungo viaggio verso Reggio Calabria. Prima tappa a Roma, dove aspetta il volo Az nelle salette della Dia in aeroporto a Fiumicino. Poi alla fine l’aereo arriva: sale le scalette accompagnata da due agenti, si siede nella prima fila. Il volo non è breve, ma nulla sarà breve d’ora in poi. L’aspetta un altro carcere, quello dell’Arghillà e nei prossimi giorni l’interrogatorio di garanzia del gip. Solo dopo questo ultimo atto la Dia calabrese sarà a Genova per studiare l’immenso archivio sequestrato all’«amico carissimo» dell’ex madame Champagne, l’ex onorevole Claudio Scajola.

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