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REGGIO CALABRIA – Il pubblico ministero di Reggio Calabria Beatrice Ronchi, a conclusione della sua requisitoria dinanzi al Tribunale, ha chiesto pene complessive a duecento anni di reclusione a carico di undici persone accusate di fare parte della cosca di ‘ndrangheta dei Lo Giudice.

Il pm ha riservato la richiesta detentiva più pesante (30 anni) a Luciano Lo Giudice, ritenuto la mente finanziaria del gruppo criminale e fratello del boss Nino Lo Giudice, che dopo essere diventato collaboratore di giustizia ha poi ritrattato le sue accuse. Beatrice Ronchi, inoltre, ha chiesto 20 anni di reclusione per l’ex capitano dei carabinieri Saverio Spadaro Tracuzzi, ritenuto una «talpa» della ‘ndrangheta, e sei anni per Antonino Spanò, proprietario di un cantiere nautico e ritenuto un prestanome di Luciano Lo Giudice. Spadaro Tracuzzi, in particolare secondo l’accusa, aveva costruito un rapporto di scambio di favori con Luciano Lo Giudice con l’obiettivo di far catturare il boss latitante Pasquale Condello, detto il “supremo», arrestato nel febbraio del 2008 dagli uomini del Ros dei carabinieri diretti dal col. Valerio Giardina. Per Antonio Cortese, il pm ha chiesto 26 anni, mentre 25 anni sono stati chiesti per il cognato dei Lo Giudice, Bruno Stilo, e per Giuseppe Reliquato. Per Salvatore e Fortunato Pennestrì, nipoti dei Lo Giudice, la pubblica accusa, rispettivamente, ha chiesto condanne a 21 anni e a 14 anni. A Giuseppe Lo Giudice sono toccati sette anni e sei mesi, così come sette anni per Rocco Arillotta, sei per Antonino Arillotta, stessa pena per Giuseppe Cricrì.
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