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POTENZA – Sono, 8 tra praticanti e avvocati, gli indagati nel primo filone dell’inchiesta sull’esame 2013.

Ieri sono stati notificati gli ultimi avvisi di conclusione delle indagini a 2 giureconsulti della provincia di Matera. Nei giorni scorsi invece era toccato ad altri 5 iscritti negli albi di Potenza e provincia, Più un tecnico informatico.

Per tutti l’accusa è di aver truccato il regolare svolgimento della prova scritta per l’accesso alla professione forense utilizzando degli smartphone e per ricevere via e-mail le tracce svolte direttamente dagli studi legali in cui avevano svolto il praticantato.

Agli inizi del mese alcuni dei compiti “sospetti” erano stati sequestrati a Potenza, dai Carabinieri dalla sezione di Polizia giudiziaria del Tribunale, nell’ambito di un’inchiesta coordinata dal pm Potentino Daniela Pannone.

Osservando il materiale custodito dalla sottocommissione, che proprio in questi giorni sta ultimando l’esame orale dei candidati che hanno superato lo scritto, l’ipotesi degli investigatori avrebbe trovato riscontro per questo sono partiti gli avvisi a cui potrebbe seguire la citazione a giudizio di praticanti copioni, dei loro premurosi “dominus”, e dell’amico esperto di sistemi informatici.

La vicenda si riferisce alle prove scritte dell’esame di Stato che si sono svolte lo scorso dicembre: la commissione di Trieste, chiamata a valutare i testi dei partecipanti, aveva già annullato una sessantina di compiti, ma su questi è ancora aperto un secondo filone d’indagine che a breve potrebbe portare a un’ulteriore pioggia di avvisi di garanzia. 

Gli investigatori hanno indagato a tutto campo, arrivando a collegare il traffico telefonico e internet di pc e cellulari, per ricostruire nelle ore della prova scritta il «viaggio» delle soluzioni fornite ai praticanti. Le caselle email sono state aperte «ad hoc» per inviare e ricevere i testi, utilizzando anche programmi per nascondere gli indirizzi «Ip» (Internet protocol address, le «targhe» dei dispositivi utilizzati) e server statunitensi.

Gli aspiranti praticanti hanno poi ricevuto la posta elettronica in sede d’esame, forse «passando» il testo anche ad altri candidati.

Ma interrogati dall’autorità giudiziaria i responsabili d’oltreoceano hanno aperto i loro archivi digitali e il traffico di dati sarebbe stato smascherato.

Quattro anni fa un’inchiesta simile aveva portato all’invio di 110 avvisi di garanzia ad altrettanti aspiranti avvocati. Ma in seguito le accuse sono state archiviate dallo stesso pm titolare del fascicolo.

Più di recente della questione riferita alle prove che si sono svolte a dicembre dell’anno scorso si è occupato anche il Tar Basilicata, che ha accolto la richiesta di sospensiva avanzata da uno dei candidati accusati di plagio dalla commissione di Trieste.

Secondo il presidente del Tar, Michele Perrelli: «l’annullamento della prova di diritto civile, cui è conseguito in automatico (e quindi senza neppure la mera lettura) l’annullamento delle altre due prove scritte, non appare sorretto da sufficientemente solida motivazione specie in ordine alla individuazione dei siti in rete che hanno pubblicato identica soluzione rispetto a quella “copiata”».

«Gli ampi stralci evidenziati dalla commissione – prosegue Perrelli – corrispondono a quanto riportato dai Codici commentati, legalmente ammessi alla consultazione in sede di esame da parte dei candidati, in relazione a pronunzie giurisprudenziali di giudici, sia di merito che di legittimità, che hanno delibato fattispecie analoghe a quella ipotizzata nella traccia offerta alla elaborazione degli aspiranti avvocati».

Motivo per cui è stata ordinata «la valutazione delle tre prove scritte consegnate dalla candidata da parte di commissione con diversa composizione (eventualmente anche presso Corte di Appello diversa da quella di Trieste) che dovrà svolgere la correzione adottando accorgimenti a garanzia dell’anonimato».

l.amato@luedi.it

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