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Sono 93 le richieste di rinvio a giudizio avanzate dal pubblico ministero Eugenio Facciolla, sostituto procuratore a Catanzaro, nell’ambito dell’inchiesta “Coffee Break”, su un presunto vasto giro di truffe, ed episodi di usura consumatosi sul Tirreno Cosentino. In tutto fatture false per 40 milioni di euro. Le accuse, a vario titolo sono di associazione a delinquere finalizzata all’evasione e alla frode fiscale, alla truffa aggravata in danno dello Stato, alla truffa per incassare contributi pubblici, al riciclaggio, e al reimpiego in altre attività di denaro o beni di provenienza illecita. Secondo il magistrato titolare dell’inchiesta, nata da una indagine della Guardia di Finanza, coordinata dalla procuratore capo di Paola, Bruno Giordano, l’associazione sarebbe stata «promossa, organizzata e diretta» da Agostino Briguori e Tommaso Leale, ex comandante della Squadra Operativa della Compagnia della Finanza di Paola. I due sarebbero tra l’altro partecipi di primo piano nell’organizzazione del vasto giro di documentazione finanziaria e contabile falsa, in quanto proveniente da ditte solo formalmente esistenti e dell’attività di procacciamento dei “clienti” da utilizzare come aziende effettivamente attive per l’ulteriore giro solo giustificativo di fatture false». Insomma un giro di “imprese cartiere” di vaste dimensioni. Tra le persone indagate figurano Pietro Ruffolo, assessore provinciale di Cosenza (autosospeso) ed ex assessore al Bilancio del Comune di Rende. Inoltre, come nella collegata inchiesta “Cartesio” si trovano i nomi del professore del liceo scientifico di Scalea, Settimio Rugiero, di Dino Iacovo già consigliere comunale a Cetraro e di Agostino Iacovo, imprenditore di Belvedere Marittimo. Ma c’è anche un direttore di banca. Si tratta di Giuseppe Grossi, che nella qualità di direttore della Banca Popolare di Crotone, filiale di Paola, secondo gli inquirenti avrebbe «aiutato» due degli indagati, clienti del medesimo istituto di credito, «ad assicurarsi i profitti derivanti dalla persistente attività illecita nel capo dell’usura, della ricettazione, del riciclaggio». Un aiuto che sarebbe stato messo in atto, secondo il pm Facciolla, consentendo ai coniugi «l’effettuazione di operazioni bancarie connotate da significativi indici di anomalie». L’indagine, l’8 luglio del 2009, si concretizzò in un blitz operato dalle Fiamme Gialle che portarono all’esecuzione di 39 ordinanze di arresto su tutto il Tirreno Cosentino. In totale le società coinvolte sono circa 50, tra Praia a Mare e Cetraro, con ramificazioni in alcune località delle province di Cosenza, Rimini, Napoli, Ravenna, Pavia, Forlì.

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