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REGGIO CALABRIA – Diciannove persone sono state arrestate dai Carabinieri tra Reggio Calabria, Verbania, Firenze, Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia e Chieti, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione distrettuale antimafia.

LE FOTO ED I NOMI DELLE PERSONE ARRESTATE

Gli indagati sono accusati a vario titolo di di associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione abusiva di armi, ricettazione, favoreggiamento personale, danneggiamento seguito da incendio, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate, violazione di disposizioni per il controllo delle armi e in materia di armi clandestine, detenzione di stupefacenti, tutti aggravati dal metodo mafioso.

VIDEO: GLI ARRESTI NEL REGGINO

Delle persone coinvolte, 18 sono state destinate in carcere e una agli arresti domiciliari; per 14 di loro è scattata la contestazione di associazione di tipo mafioso.

Il provvedimento è stato emesso nell’ambito del procedimento penale che ha già condotto all’operazione “Saggio compagno”, scattata il 15 dicembre 2015 con un decreto di fermo nei confronti di 36 persone (CRONACA, VIDEO E FOTO DELL’OPERAZIONE).

In particolare le indagini, che si sono avvalse anche delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, riguardano le cosche di ‘ndrangheta Petullà, Ladini e Foriglio, che operano nel Reggino, nelle zone di Cinquefrondi e nel territorio di Anoia. 

L’attività dell’organizzazione criminale, secondo quanto riferiscono i carabinieri in una nota stampa, «avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, era finalizzata al controllo ed allo sfruttamento delle risorse economiche della zona mediante il compimento di una serie indeterminata di delitti in materia di armi, esplosivi e munizionamento; contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale ed in materia di commercio di sostanze stupefacenti, nonché delitti volti ad acquisire direttamente e indirettamente la gestione o il controllo di attività economiche, in particolare nel settore degli appalti boschivi, ed altre attività illecite».

La nuova ordinanza è stata emessa nei confronti di ulteriori soggetti ritenuti ugualmente appartenenti e contigui alla “Locale di Cinquefrondi”, a carico dei quali però non erano stati precedentemente ravvisati i presupposti per l’emissione del provvedimento di fermo eseguito il 15 dicembre scorso.

Tra i vari fatti contestati, nell’ambito del progetto di Giusepe Ladini di costituire una propria ‘ndrina, evidenziano i carabinieri, era emerso anche il suo intento di acquistare il ristorante “Il Fungo” di proprietà del “Capo Locale” Costantino Tripodi (già arrestato in occasione dell’operazione del 15 dicembre 2015).

Quel luogo, secondo gli inquirenti, non costituiva infatti solo un oggetto di investimento, ma esprimeva un’elevata valenza simbolica, in quanto era di proprietà del vecchio “Capo Locale” di Cinquefrondi, ma soprattutto era il luogo attorno al quale anche nel recente passato avevano gravitato i personaggi di maggiore spessore della “Locale”, tra cui Rocco Francesco Ieranò, che in occasione della sua cattura nell’estate del 2013 fuggì proprio da quel luogo.

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