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CARI concittadini,

in un tempo in cui ognuno di noi è chiamato da un lato a fare sacrifici e all’altro ad attuare un corretto comportamento etico dal punto di vista ambientale, ho pensato che esagerare con l’utilizzo di mezzi e strumenti in questa campagna elettorale sarebbe stato doppiamente errato.

Ho deciso dunque di non utilizzare vele, furgoni tappezzati da manifesti (così come non ho volutamente utilizzato i 6 x 3) e di disporre solo degli spazi per i manifesti 70×100 concessi dalla Pubblica Amministrazione per tutti i candidati. 

Questa scelta si lega anche alla mia volontà di parlare a voi e con voi nelle forme più dirette possibili, incontrandovi personalmente o scrivendovi personalmente.

Più che di farmi conoscere, ho bisogno di far capire il senso vero di questa mia candidatura, che si impone al di là di possibili accordi, di ventilate compensazioni, di reiterati tentativi tesi a farmi desistere dall’iniziativa. 

La ragione fondamentale è questa: Potenza è una città in ginocchio e la si vuole curare con le medicine che l’hanno ridotta in questo stato. Cioè autoassolvendosi e continuando a persistere negli errori.

La crisi che vive questa città non deriva solo dalla situazione generale del Paese, che ha abbassato dovunque e comunque i livelli di benessere e la qualità di vita: c’è una componente aggiuntiva fatta di squilibri tra persone, tra famiglie, tra categorie, frutto diretto di un governo della cosa pubblica che non ha guardato alla città di tutti, ma alla città di pochi; una città in cui non è stata considerata necessaria una strategia per aiutare l’economia a risollevarsi, ma si è attuata, al contrario, una politica di segno opposto che, con iniziative come l’aumento spropositato della Bucalossi nelle zone rurali (poi ritirato a furor di popolo), l’aumento ai massimi delle tasse comunali, la incredibile vicenda della ZTL, ha dato un colpo mortale alla vera e sola categoria imprenditoriale che alimenta il reddito di questa città: le piccole imprese artigianali e commerciali.

 In questi ultimi dieci anni è mancato il respiro di un sindaco percepito come sindaco di tutti.

Un sindaco che uscisse dalla propria stanza di Piazza del Sedile per ascoltare la gente, battersi per un rilancio del centro storico e della zona industriale, pretendere una Università di assoluta eccellenza formativa, rivendicare un ruolo di forte attrazione di utenza extraregionale per l’ospedale San Carlo, lottare contro il disprezzo delle ferrovie dello Stato per come usa la tratta Roma- Taranto, affiancare i cittadini che aspettano ancora di sapere se e quanto la SiderPotenza danneggia la salute dei cittadini che vi vivono intorno.

Nessuna iniziativa, che non sia stata quella di rincorrere le situazioni volta per volta, per metterci una pezza e attestare formalmente una presenza che non c’era nei fatti. 

Ebbene, il messaggio che vorrei trasmettere è questo: non ci possiamo risollevare se non creiamo le condizioni perchè ognuno di noi si senta protagonista vero di una rinascita, se non rendiamo questa città plasticamente inclusiva, democratica, egualitaria, senza privilegi ma con diritti e doveri che toccano e riguardano tutti.

O ancora, più chiaramente, se non sconfiggiamo questa concezione classista che aleggia in buona parte della dirigenza politica di questa città, per cui qualcuno è più cittadino di altri, più tutelato di altri, più salvaguardato di altri. 

Nella ricostruzione post sismica, quando c’era bisogno della mano di tutti per risollevarsi, fu fatta allora la scelta di una città che offriva le stesse opportunità a tutti, e c’è stato il miracolo di una imprenditoria artigianale che si è industriata, organizzata, attrezzata per giocare la propria partita in direzione di un benessere diffuso e di una piena occupazione.

Oggi siamo nella stessa situazione, ma con una città che non soffre di ferite fisiche ma è depressa, esangue e, finanziariamente, vicina al collasso.  Possiamo uscirne se Potenza verrà percepita come cosa di tutti e cioè se gli investimenti e le azioni che la riguarderanno verranno indirizzati esplicitamente verso un miglioramento generale di questa città, un abbassamento del costo dei servizi, la creazione di nuove occasioni di lavoro, la incentivazione dei produttori di reddito.

Se invece rimarremo con lo sguardo a difesa dei pochi privilegi, questa città sarà perduta.  Avrò modo nelle tante circostanze che si affacceranno in questa campagna elettorale di esplicitare le mie idee sulle singole questioni che costituiscono l’ossatura di un programma di rilancio: una forte azione di rilancio del prezioso (e a volte sottovalutato e sottoutilizzato) apparato amministrativo, che avrà un Sindaco con cui potersi confrontare; la scelta della riqualificazione dell’edilizia esistente; un robusto piano di incentivazione energetica; la revisione del piano trasporti. 

Oggi mi interessa dire che mi candido ad essere il sindaco di tutti e, soprattutto, di quelli che meno hanno dal punto di vista economico e dei servizi, ma che non possono perdere un valore universale come la dignità.

Un abbraccio

*Candidato sindaco di “Potenza condivisa”

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