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COSENZA – «L’hanno rimandata a casa come se nulla fosse accaduto. Alla fine è morta». E’ un passaggio della denuncia presentata in questi giorni alla Procura di Cosenza dai familiari di Rossella Bruno, di Roggiano Gravina, morta a 38 anni lo scorso 5 novembre presso il Reparto di Rianimazione dell’Annunziata. Per come scritto nella denuncia quello della donna sembra essere stato un calvario, iniziato il 28 ottobre, quando iniziò ad avvertire i primi mal di testa. L’hanno dimessa a più riprese prescrivendole delle semplici terapie e quando le condizioni di salute si sono aggravate non c’è stato più nulla da fare. 
Ieri il procuratore capo Dario Granieri e il pubblico ministero Paola Izzo hanno deciso di riesumare la salma e procedere con l’esame autoptico per risalire alle cause del decesso. Sei al momento i medici indagati, in servizio al Pronto Soccorso e la Reparto di Ematologia dell’ospedale cosentino. L’ipotesi di accusa è omicidio colposo. L’autopsia sarà eseguita questa mattina nel cimitero di Roggiano Gravina, dove la donna era stata sepolta. 
Il tutto ha avuto dunque inizio lo scorso 28 ottobre. Rossella Bruno è a casa con la mamma. D’un tratto lamenta un forte mal di testa e mancanza di respiro. La madre preoccupata chiama per telefono il fratello, che accompagna la donna al Pronto Soccorso dell’Annunziata. Nella denuncia si legge che per essere visitata Rossella Bruno ha dovuto attendere cinque ore: «Siamo arrivati alle 18,30, ma – si legge – è stata visitata solo alle 23». I medici del Pronto Soccorso dicono che c’è bisogno di una visita ematologica, ma che bisogna attendere la mattina successiva. «E’ quindi rimasta per tutta la notte al Pronto Soccorso. Il giorno dopo – hanno denunciato i familiari – è stata portata al Reparto di Ematologia, dove le hanno prescritto una cura di cortisone». Quindi le dimissioni. «Sembrava essersi ripresa!, hanno ricordato i familiari.  Il 31 ottobre ritorna all’Annunziata per la programmata visita di controllo, con nuove analisi e nuove dimissioni. «Ritornati a casa, la situazione è peggiorata. Rossella – è stato denunciato – aveva un forte mal di testa e faticava a parlare. Il primo novembre siamo quindi ritornati all’ospedale di Cosenza. Le hanno prelevato il sangue ed è rimasta in osservazione fino alle 20. Alla fine è stata dimessa e siamo ritornati  a casa». Il 3 novembre la situazione precipita. Rossella Bruno inizia a delirare. Segue la chiamata al 118  e l’ennesimo viaggio verso il presidio cosentino, dove viene sottoposta a una Tac che – si legge nella denuncia – rileva una “Trombosi del seno venoso”. Quindi lo spostamento al Pronto Soccorso per la risonanza magnetica, che – hanno riferito i familiari nella denuncia – viene effettuata due ore dopo. Durante l’esame però Rossella Bruno va in coma. Segue il trasferimento d’urgenza a Rianimazione, dove il cuore della donna – sposata e madre di due figli – cessa di battere. Sono le 7 del 5 novembre. A distanza di 20 giorni la Procura, su sollecitazione dei familiari, dispone la riesaumazione e l’autopsia. Da accertare anche se la patologia cui la donna era affetta (anemia emolitica) abbia avuto una sua influenza in tutta questa vicenda.

COSENZA – «L’hanno rimandata a casa come se nulla fosse accaduto. Alla fine è morta». E’ un passaggio della denuncia presentata in questi giorni alla Procura di Cosenza dai familiari di Rossella Bruno, di Roggiano Gravina, morta a 38 anni lo scorso 5 novembre presso il Reparto di Rianimazione dell’Annunziata. Per come scritto nella denuncia quello della donna sembra essere stato un calvario, iniziato il 28 ottobre, quando iniziò ad avvertire i primi mal di testa. L’hanno dimessa a più riprese prescrivendole delle semplici terapie e quando le condizioni di salute si sono aggravate non c’è stato più nulla da fare.

Ieri il procuratore capo Dario Granieri e il pubblico ministero Paola Izzo hanno deciso di riesumare la salma e procedere con l’esame autoptico per risalire alle cause del decesso. Sei al momento i medici indagati, in servizio al Pronto Soccorso e la Reparto di Ematologia dell’ospedale cosentino. L’ipotesi di accusa è omicidio colposo. L’autopsia sarà eseguita questa mattina nel cimitero di Roggiano Gravina, dove la donna era stata sepolta. 

Il tutto ha avuto dunque inizio lo scorso 28 ottobre. Rossella Bruno è a casa con la mamma. D’un tratto lamenta un forte mal di testa e mancanza di respiro. La madre preoccupata chiama per telefono il fratello, che accompagna la donna al Pronto Soccorso dell’Annunziata. Nella denuncia si legge che per essere visitata Rossella Bruno ha dovuto attendere cinque ore: «Siamo arrivati alle 18,30, ma – si legge – è stata visitata solo alle 23». I medici del Pronto Soccorso dicono che c’è bisogno di una visita ematologica, ma che bisogna attendere la mattina successiva. «E’ quindi rimasta per tutta la notte al Pronto Soccorso. Il giorno dopo – hanno denunciato i familiari – è stata portata al Reparto di Ematologia, dove le hanno prescritto una cura di cortisone». Quindi le dimissioni. «Sembrava essersi ripresa!, hanno ricordato i familiari.  Il 31 ottobre ritorna all’Annunziata per la programmata visita di controllo, con nuove analisi e nuove dimissioni. 

«Ritornati a casa, la situazione è peggiorata. Rossella – è stato denunciato – aveva un forte mal di testa e faticava a parlare. Il primo novembre siamo quindi ritornati all’ospedale di Cosenza. Le hanno prelevato il sangue ed è rimasta in osservazione fino alle 20. Alla fine è stata dimessa e siamo ritornati  a casa». Il 3 novembre la situazione precipita. Rossella Bruno inizia a delirare. Segue la chiamata al 118  e l’ennesimo viaggio verso il presidio cosentino, dove viene sottoposta a una Tac che – si legge nella denuncia – rileva una “Trombosi del seno venoso”. Quindi lo spostamento al Pronto Soccorso per la risonanza magnetica, che – hanno riferito i familiari nella denuncia – viene effettuata due ore dopo. Durante l’esame però Rossella Bruno va in coma. Segue il trasferimento d’urgenza a Rianimazione, dove il cuore della donna – sposata e madre di due figli – cessa di battere. Sono le 7 del 5 novembre. A distanza di 20 giorni la Procura, su sollecitazione dei familiari, dispone la riesaumazione e l’autopsia. Da accertare anche se la patologia cui la donna era affetta (anemia emolitica) abbia avuto una sua influenza in tutta questa vicenda.

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