X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

POTENZA – Nel 2012 i rioneresi Giovanni Plastino (24) e Aniello Barbetta (37) erano stati i primi a tentare di rapire il broker romano Silvio Fanella, considerato il “cassiere” della banda Mokbel e il custode del bottino miliardario della maxi frode Telecom Sparkle-Fastweb. Non ci riuscirono e a luglio dell’anno scorso il loro obiettivo è stata ucciso, durante un blitz fotocopia. Ma per il Tribunale di Roma sono colpevoli lo stesso e dovranno scontare rispettivamente 6 anni e 10 mesi e 9 anni di reclusione.

Si sono conclusi così nelle scorse settimane i processi per i due lucani accusati di aver provato a mettere le mani sul “tesoro” di Fanella. Un tesoro scoperto dai militari del Ros dei carabinieri soltanto poche ore dopo l’omicidio, “setacciando” la casa di campagna della vittima: 34 sacchetti di diamanti, vari orologi preziosi più 284 mila dollari e 118mila euro in contanti nascosti nelle scatole di gelato.

Barbetta era stato fermato e poi arrestato su input dell’antimafia romana, quando sono emersi in maniera evidente le «numerose similitudini» e gli «evidenti collegamenti» tra il tentativo di sequestro che ha portato all’omicidio di Fanella, e quello sventato ad agosto del 2012 dai carabinieri di Potenza, che in quel periodo stavano indagando proprio sul giovane di Rionero.
In particolare aveva attirato l’attenzione degli inquirenti il ruolo di due finti «finanzieri» emerso dalle indagini su entrambi gli episodi: una coincidenza tanto più importante se si pensa che era l’unico dettaglio del piano rimasto a conoscenza soltanto degli addetti ai lavori – oltre che degli autori del primo tentativo di sequestro – dopo le notizie apparse a maggio dell’anno scorso sul Quotidiano della Basilicata.

Barbetta è stato giudicato col rito immediato, mentre Plastino, considerato un esponente del clan melfitano dei Cassotta, ha optato per l’abbreviato e stava già scontando una condanna definitiva per associazione mafiosa ed estorsione.

Con loro è stato condannato anche Roberto Macori, 40enne romano arrestato nel 2010 assieme a Fanella e all’imprenditore “nero” Gennaro Mokbel nell’ambito dell’inchiesta Phunecards-broker, che è stato individuato come il mandante del tentativo di sequestro del 2012. Per lui i giudici hanno deciso una pena di 6 anni e 8 mesi.

Sarebbe stato Plastino ad agganciare Macori in carcere nel 2010, e a reclutare Barbetta due anni dopo per il colpo nella capitale sventato dai carabinieri di Potenza al comando del capitano Antonio Milone.

«L’azione del 3 luglio scorso – scrivevano i magistrati romani nel decreto di fermo per Barbetta e Macori – è stata compiuta, come quella del 2012, da persone, armate e munite di fascette per immobilizzare la vittima, che hanno esibito al portiere dello stabile un tesserino di riconoscimento falso della Guardia di finanza».

Durante l’esecuzione del piano «un commando composto da almeno sei persone, due delle quali finanzieri o sedicenti tali – è ricostruito nel provvedimento di fermo – con tre auto, armate si è appostato per ore sotto l’abitazione a Roma della casa della madre della vittima, dinanzi al bar solitamente frequentato dallo stesso, attendendo che si allontanasse a bordo del suo motociclo per fermarlo e caricarlo con la forza su una delle auto».

Ma in una conversazione registrata nell’auto di Barbetta Plastino la racconta in maniera diversa, spiegando che i «finanzieri» coinvolti avrebbero «simulato un regolare arresto».
«Quella è un’operazione della finanza… Compa’ quello va con il mandato di cattura la… forse non hai capito! Quelli ci mettono le manette i finanzieri… E’ un’operazione… Ci fanno vedere il tessino»).

Queste le sue parole, che ricalcano quasi alla perfezione quanto accaduto a luglio, quando i killer avrebbero lasciato dietro di sè anche «alcuni fogli con intestazione della Guardia di finanza».

Per il secondo tentativo di sequestro di Fanella, sfociato nel suo omicidio, sono stati già condannati a 20 anni i romani Egidio Giuliani e Giuseppe La Rosa. Restano ancora a processo, invece, Giovanni Ceniti (uno dei finti finanzieri rimasto ferito durante l’agguato e abbandonato dai suoi complici, ndr), Gabriele Donnini, Italo Carlo Casoli e Manlio Denaro.
Secondo la procura antimafia romana Denaro sarebbe stato l’ideatore del colpo, e per contattare i suoi complici avrebbe utilizzato la stessa cabina telefonica a cui si “appoggiava” solitamente il boss di “mafia capitale”, Massimo Carminati. Un’utenza intercettata proprio nell’ambito delle indagini sul “mondo di mezzo”.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE