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Selleczanum, Alipergo, Allibergo, Allibbergo, Allipergo, Ipergo, Ripergo, Sellezzano, Bellezze, Bellizze, sono tutti i nomi, che hanno preceduto quello attuale di Bellizzi. A questo punto, viene spontaneo chiederci perché Bellizzi? La prima cosa che viene da pensare naturalmente è che derivi da Bellezze. L’accostamento è normalissimo visto che Bellizzi molto probabilmente è la trasformazione dialettale del termine Bellezza, allora perché non Bellizze? Visto che, era detto delle Bellezze, al plurale la trasformazione della parola sarebbe appunto delli Bellizze non a caso il più delle volte tra il 1450 ed il 1700 in alcuni documenti da me consultati ho trovato Casale delli Bellizze; nel Catasto Onciario dell’anno 1751 viene sempre nominato come Casale delli Bellizze. Purtroppo nei documenti non si trova mai lo stesso nome, ma lo si trova sempre con qualche variazione. Andiamo ora ad analizzare il passaggio da Bellezze a Bellizzi, dove però non ho trovato una continuità nel cambiamento del nome. Mi spiego: nella ricerca del nome ho incontrato molte difficoltà, soprattutto perché, in modo molto ricorrente nello stesso anno ho trovato dei documenti dove il Casale viene citato come: delle Bellezze, delli Bellizzi, Delli Bellizze; questo non mi ha agevolato per arrivare ad una soluzione omogenea. In ogni caso nel 1400 lo citano come casale delle Bellezze. Il cambiamento può essere avvenuto agli inizi o verso la metà del millecinquecento. In ogni caso anche a distanza di molto tempo, fino alla metà dell’800, non si trova mai lo stesso nome, ma sempre i tre citati in precedenza, anche su documenti importanti, come quelli del Catasto Onciario, del Catasto Civile e via discorrendo. Errori d’ortografia? Ma quale era il nome giusto? Fermo restando sul plurale della parola di provenienza, si sarebbe dovuto chiamare delle Bellizze o delli Bellizze. Ad ogni modo, perché fermarci solo davanti a quest’ipotesi scontata, e non cercare di allargare un poco la ricerca della provenienza con altre ipotesi, potrebbe, essere solo una coincidenza? Sorge ad ogni modo il dubbio che il dialetto abbia potuto determinare il nome di un luogo; immaginate se i nomi dei paesi fossero variati con forme dialettali del luogo, solo qualcuno si chiamerebbe ancora con il suo nome originario. Una mia ipotesi, riguarda proprio la distruzione patita, questo fatto molto doloso per la storia del Casale potrebbe anche in seguito essere stato il motivo della mutazione, del nome da Bellezze o Bellizze in Bellizzi, ma perché allora non veniva detto in dialetto Bellezze già prima di quella rovinosa distruzione? Perchè la trasformazione dialettale da Bellezze a Bellizze avviene proprio dopo la sua distruzione? Mi chiedo perché non era chiamato già allora il Casale delli Bellizze? Per quale motivo, i sopravvissuti avrebbero dovuto mutare il nome nella sua forma dialettale? Dalle fonti storiche si capisce che ci tennero a ricostruire le loro case nello stesso luogo, potrebbe essere per assurdo che il nome di Bellizzi venga dall’unione delle parole latine di ricominciare il nuovo dopo la guerra, è cioè Belli iterum, – dopo la distruzione patita. Questo dubbio mi venne quando in alcuni documenti del millecinquecento, trovai il nome di Bellizzi con il termine appunto di Belliterum, oppure, in un atto notarile come quello del notaro Vicienzo Stajano per il passaggio del feudo delle Bellezze “in casali Bellittiarum” per indicare il casale delle Bellezze; che poi, in seguito trovai trasformato anche in “Bellitium”, “Bellitian” Scipione Bellabona nel 1600 lo indica come Bellizze. In ogni caso questi termini latini non conducono a Bellezze, perché in latino il termine bellezza in forma generica è “pulchritudo”, per quanto riguarda la bellezza dell’aspetto “species”, per quanto riguarda la bellezza dei luoghi “amoenitas locorum”, insomma da nessuno di questi termini mi sembra logico la derivazione del nome. Per quanto riguarda il termine delli Bellizze lo troviamo ancora in molti documenti del 1800, anche in un progetto del Camposanto. Un’altra cosa molto strana è che gli abitanti di Bellizzi continuarono a chiamarlo Casale delle Bellezze, in molti documenti trecento anni dopo. Il nome più antico di Bellizzi in epoca romana era Selleczanum, anche se di latino non c’è molto in questo nome, che potrebbe essere addirittura di origine osca, e trasformato in Sellezzano come ho potuto constatare in un atto di vendita risalente all’anno 1114, un nome simile a Sellezzano si trova in Germania, “Sellessen” vicino Brandeburgo, in Italia “Selvazzano Dentro” in provincia di Padova. In seguito il nome varia in Alipergo il significato di questo nome, può essere “ per continuare per un altro luogo”, composto dalle parole in latino di àlià che significa “per altra via“ e pergo che significa “proseguire, continuare” oltre che per “albergo”. Ma siccome sul posto c’era una polveriera, dobbiamo tenere in conto che la parola può anche venire dal latino pergamus, o dal greco pergamos per indicare un posto altamente strategico e non dobbiamo dimenticare che a Bellizzi vi era un’importante polveriera e il casale era circondato da mura. Alipergo era situata fuori dalla città di Avellino, lungo la strada “Salernitana” vicino vi scorreva il ruscello S. Giovanni. Si deduce questo da atti notarili del tempo, in questo caso stiamo parlando dell’anno 1152 mese di aprile, siamo al tempo dei Normanni, la pergamena in molti punti rovinata, dalla presenza di tanti piccoli fori oltre che di rosicchiature di topi, presenta un tipo di scrittura Beneventana, “Terra cum arboribus… ubi Alipergo dicitur… per hec finis… de una parte fine via publica que dicitur Salernitana” “AC, arca XVI, numero 92. “Terra con alberi… dove si dice Albergo con questi confini, da una parte confina con una via pubblica detta Salernitana ” In un’altra pergamena invece si può leggere: “terra cum vinea in loco ubi Allipergo… per hos fines: ex una parte via publica… de subtana parte rivo Sancti Iohannis”“ pergamena numero 514” “Appezzamento di terra con vigna sita in Alipergo… delimitata da questi confini: da una parte la via pubblica dalla parte di sotto dal torrente San Giovanni. Il sito corrisponde a quello dove oggi è situato il Carcere di Bellizzi Partiva da dove si trova nei pressi del quadrivia un rivenditore di auto usate e la strada pubblica invece è l’attuale strada che dalla Statale scende verso Contrada Tufarole. Quindi su un bivio importante, se si considera che in quell’epoca, non tutti i paesi del regno erano toccati da strade, in quanto la situazione delle strade, non era gran che, allora la strada “Salernitana”, “quevadit Salernum”, “che va a Salerno”. Era già una strada di fondamentale importanzai, in quanto presente già nell’epoca Romana, ma bisogna tenere presente che l’attuale salita della polverista e il ponte della Ferriera, sulle mappe Ponte di Salerno in quell’epoca non esistevano e la strada che da Avellino andava a Salerno passava appunto per la puntarola e poi sboccava dove oggi c’è il bivio per Atripalda. Continuando a parlare di questa, strada, detta di Melfi, località ubicata tra le province di Capitanata, Principato Ultra e Basilicata, in quel periodo non era una strada carrozzabile, infatti si chiamava procaccio del cammino di Melfi, e quindi i traffici riguardanti il commercio erano praticati con muli e cavalli. In altri atti notarili l’ho trovato anche come Allibbergo. Nel 1152, Alipergo era sottoposto alla dominazione Normanna, con la loro venuta ecco cosa cambiò in termini di organizzazione dello Stato: questi furono i primi a separare buona parte degli uffici che riguardavano l’economia pubblica da quelli di milizia e di giustizia, i quali, molto tempo prima del loro arrivo, erano compresi nella stessa persona del Gastaldo. Con il nome di Camera vollero designare l’erario pubblico, il fisco, ed anche il patrimonio del Sovrano, nelle stanze regie unirono il consesso per regolare l’amministrazione della pubblica economia, ed erano stabiliti gli uffici dei conti ed i registri della rendita e spesa dello stato, insieme con la cancelleria e i libri di legge e pratiche del Governo. In ogni caso, cosa molto importante, con loro nacque il Regno. Ma andiamo a vedere com’era la situazione geografica politica nel mezzogiorno d’Italia nell’anno mille precedente alla costituzione del Regno: c’erano i ducati autonomi di Amalfi, Gaeta e Napoli, la provincia Bizantina di Katapanato d’Italia, che aveva come capitale Bari, ma comprendeva ben tre regioni la Puglia, la Calabria e la Lucania. Poi c’erano i tre principati Longobardi di Benevento, Salerno e Capua, il Principato di Sorrento e il dominio dei mussulmani in Sicilia. Questo frangente della dominazione Longobarda fu caratterizzato da aspre e lunghe lotte con i Bizantini, fu per questo motivo che i Longobardi accolsero nelle loro file come mercenari abili cavalieri provenienti dalla Normandia, questi erano molto abili a cavallo, erano dotati di armature resistenti, oltre che tenaci nel combattimento tanto che, si distinsero subito in battaglia risolvendo il più delle volte la vittoria a favore dei Longobardi. Si verificò, così con il passare degli anni l’arrivo di questi mercenari che man mano diventarono sempre più numerosi, fino ad accrescersi talmente di numero da diventare una vera e propria forza nei giochi del Mezzogiorno d’Italia, arrivando a svolgere una vera e propria azione politica sul territorio creando vere e proprie autonomie oltre che signorie territoriali. A coordinare tutte le forze Normanne, fino alla costituzione di un nuovo organismo politico, che fu detto ducato di Puglia e Calabria fu Roberto d’Altavilla, da tutti detto il Guiscardo, che, in seguito, nel tentativo di unificazione nel 1085 trovò la morte durante una campagna militare contro l’Impero Bizantino. Verso gli ultimi anni del secolo XI i domini dei normanni nel mezzogiorno d’Italia erano: il ducato di Puglia, tenuto dal figlio del Guiscardo Ruggiero Borsa; il Principato di Capua, in possesso della famiglia Normanna dei Quarrel; la contea di Loritello ossia Lorello nel circondario di Larino posseduta dai discendenti di Goffredo di Katapanato, che era un fratello del Guiscardo; la contea di Sicilia, in possesso del Gran Conte Ruggiero d’Altavilla che era un fratello del Guiscardo; le contee di Ariano, Montesantangelo, Conza, Principato, che erano state date in possesso di tante famiglie normanne imparentate con gli Altavilla; la contea di Boiano, in possesso della famiglia De Mulisio, per questo motivo chiamata in seguito Molise. Nell’anno 1130 il Papa Anacleto si trovò in Benevento, doveva poi recarsi nella città di Avellino, per incontrarsi con Ruggiero II d’Altavilla, era il mese di settembre, durante quest’incontro il Papa stabilì che lo avrebbe incoronato re di Sicilia, il fatto è arrivato fino a noi grazie ad un cronista del tempo Falcone Beneventano. Questa incoronazione ebbe una grande importanza storica per tutti i popoli a Mezzogiorno d’Italia perché nacque in quell’occasione il Regno delle due Sicilie. Il nome di Casale delle Bellezze è stato dato molto tempo dopo la dominazione Longobarda il che esclude il fatto che siano stati i Longobardi a dargli questo nome. Da maiolino Bisaccioni primo Barone delle Bellezze a Paolo Foti sono passati tanti secoli eppure il senso di appartenenza batte ancora forte nel petto di ogni bellizzano. Ognuno sa che Bellizzi ha tanto da offrire, ma non lo può fare attraverso piccole liti e scaramucce, buone solo a dare un alibi a chi ci governa. Bisogna trovare dei punti di accordo e marciare in un’unica direzione. Bisogna farlo, appunto per il nome di Bellizzi. Bisogna farlo a tutti i costi se da qui in poi non vogliamo parlare solo e sempre di un ricordo piacevole da raccontare con gli occhi lucidi, e la nostalgià di un vissuto tra via Giancola e i suoi vicoli. C’è bisogno di tanto cuore per non morire e sarà inutile additare il proprio antagonista come il colpevole assoluto.

Cesare Ventre

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