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POTENZA – Ha ammesso i rapporti “confidenziali” con alcuni costruttori, ma assieme a tanti altri. E li ha ridotti a semplici «leggerezze». Quanto al muro di sostegno, che pensava di togliere dal progetto dei 36 alloggi per ex terremotati: «Non era previsto da progetto iniziale». Perciò nessun problema di sicurezza.
Si è difeso così ieri mattina nel carcere di Potenza il capo dell’ufficio tecnico del Comune di Melfi, agli arresti da martedì per turbativa d’asta, falso, abuso d’ufficio, truffa, e induzione indebita.
Di fronte al gip Tiziana Petrocelli e al pm Francesco Basentini, che ha coordinato le indagini della Squadra mobile di Potenza sulla “variabile melfitana”, D’Amelio ha fatto diverse concessioni all’accusa. Ma ha provato a sminuire l’accaduto, giustificandolo con quel rapporto di familiarità che si crea tra funzionari e imprenditori di un piccolo paese. Paese, dove di questi tempi sono in tanti a fare la fila in Comune sperando in un lavoretto, e qualcuno inevitabilmente finisce per approfittarsene.
Al gip che gli chiedeva il perché di tanta “apertura” con i Caprarella l’architetto, assistito dall’avvocato Giuseppe Colucci, ha spiegato di aver sempre avuto a che fare con loro. Nonostante l’appalto in questione, quello delle case popolari di contrada Bicocca, fosse stato aggiudicato a un consorzio rappresentato formalmente da altri.
Loro si muovevano sul cantiere. Loro bazzicavano il Comune. Quindi è con loro che si interfacciava per tutto. Inclusa la variante da 400mila euro (quasi il 20% del valore complessivo della commessa) da sottoporre in giunta.
Gli investigatori sospettano l’esistenza di un accordo più antico con qualcuno all’interno degli uffici, per cui la gara sarebbe stata vinta con un ribasso “monstre” di quasi il 40%, ben sapendo che in seguito si sarebbero potuti recuperare un po’ di soldi con una variante ad hoc.
D’Amelio però ha ribadito con forza di aver messo sempre al primo posto l’interesse dell’amministrazione. Anche quando è stato intercettato dalle microspie piazzate nel suo ufficio mentre si faceva “dettare” dagli imprenditori le giustificazioni da sottoporre a sindaco e assessori per strappare l’ampliamento dell’appalto desiderato.
Primo perché le opere, come tompagni e finestre, andavano realizzate comunque. Quindi un “miglioramento” era logico che lo realizzasse la stessa impresa. Secondo perché anche per queste sarebbe stato assicurato lo stesso ribasso della vecchia gara.
Altra storia la donna fatta assumere su sua indicazione dai Caprarella, per fare le pulizie all’istituto Nitti, dove stavano eseguendo un altro appalto per lavori di ammodernamento della struttura. Un’assunzione richiesta dal sindaco di Melfi, Livio Valvano, che dopo un’iniziale esitazione aveva deciso di appoggiare la variante, chiedendo che fossero aggiunti degli ascensori per quelle palazzine che ne erano prive.
Secondo D’Amelio si sarebbe trattato di una persona davvero in difficoltà, che avrebbe avuto bisogno di una mano. Un discorso che in qualche modo avrebbe fatto breccia nel gip, ma soltanto fino a un certo punto.
Molto più imbarazzante è la frase captata sempre dalle microspie piazzate nel suo ufficio, a proposito dei lavori che vengono affidati «a seconda della coalizione» che amministra l’ente.
Quella sarebbe stata solo una battuta infelice. Per liberarsi di un imprenditore troppo insistente.
Mentre il «lecca lecca» da assegnare alla ditta del cognato del consigliere “recalcitante”, Antonio Sassone, per “comprare” il suo voto sul bilancio, alla fine non l’avrebbe dato lui. Ma un altro dirigente del Comune, Michelarcangelo Moscaritolo. Motivo per cui forse sarebbe meglio chiederne conto a lui.
Nei prossimi giorni verranno fissati gli interrogatori anche per gli altri destinatari dell’ordinanza di misure cautelari eseguita martedì: il sindaco, Livio Valvano, i costruttori Emilio e Antonio Caprarella (padre e figlio), e il factotum della loro ditta Gerardo Caccavo. Tutti ai domiciliari. Per ultima, infine, verrà sentita Katia Caprarella, amministratrice di alcune delle ditte di famiglia, che è stata colpita da un divieto di dimora nella cittadina federiciana.
Oggi stesso il gip dovrebbe sciogliere la riserva sull’istanza di liberazione presentata dal legale di D’Amelio, dopo la sospensione dall’incarico del suo assistito. Una circostanza tutt’altro che irrilevante sotto il profilo delle esigenze cautelari.

l.amato@luedi.it

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