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Roma, 8 apr. (askanews) – Un Documento di economia e finanza ‘asciutto’ quello che il governo si appresta a varare domani, l’ultimo nell’attuale versione prima dell’entrata in vigore della nuova governance europea. In attesa della definizione da parte delle istituzioni europee del nuovo Patto di stabilità e relativi documenti programmatici, il Def quest’anno si limiterà al quadro tendenziale che sarà molto simile a quello della Nadef del settembre 2023.

“Noi vogliamo rispettare esattamente gli obiettivi della Nadef che abbiamo presentato lo scorso autunno. È una questione di credibilità. Se c’è qualcosa da correggere la correggeremo, ma sostanzialmente siamo in linea”, sono le parole del ministro dell’economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, a margine della seconda edizione Selecting Italy a Trieste.

Le bozze che circolano tra il Mef e la Presidenza del Consiglio, passibili di variazioni fino all’ultimo momento utile, riportano una crescita del Pil per l’anno in corso all’1%, un po’ al di sotto dell’1,2% previsto nella Nadef, mentre per il 2025 il prodotto interno, a legislazione vigente, è stimato crescere dell’1,2% (contro l’1,4% della Nadef) per poi scendere nel 2026 all’1,1% (la Nadef stimava l’1%).

Quanto ai dati di finanza pubblica, il rapporto deficit/pil nel 2024 dovrebbe essere confermato al 4,3%, lo stesso livello del quadro programmatico della Nadef. Per il 2025 invece l’asticella dovrebbe essere al 3,7% contro il 3,6% della Nadef e per il 2026 al 3% (invece del 2,9%). Questo dovrebbe essere l’andamento senza considerare interventi come la proroga del taglio del cuneo fiscale e dell’irpef a tre aliquote.

Non è escluso, e questa è la riflessione in corso in queste ore al Mef e alla Presidenza del Consiglio, che nella tabella delle cosiddette ‘politiche invariate’ possano essere considerate anche questi due interventi, oltre alle missioni internazionali di pace, alle risorse per i contratti pubblici e alle altre misure, per un totale di circa 20 miliardi per il prossimo anno, per i quali va trovata la copertura.

Anche il debito dovrebbe mantenersi nell’anno in corso ad un livello vicino a quello del 2023 quando è stato al 137,3%. Sulla base delle ultime valutazioni, nel 2024 dovrebbe attestarsi intorno al 138% e forse leggermente al di sotto.

Le ripercussioni del superbonus sulla finanza pubblica sembrano sotto controllo, anche dopo l’ultimo decreto all’esame del Parlamento che, oltre ad aver ristretto ancora gli ambiti applicativi, ha eliminato la remissione in bonis che esponeva a possibili ‘imprevisti’.

In questo quadro, la correzione dello 0,5% strutturale l’anno, che dovrebbe essere richiesta dalla Commissione europea a seguito della procedura per deficit eccessivo, che Giorgetti dà per scontata, dovrebbe già essere sostanzialmente inglobata.

Resta la grande incognita delle risorse per assicurare anche nel 2025 il taglio del cuneo fiscale e l’irpef a tre aliquote, evitando così l’aumento delle tasse. Il governo prende tempo, evita che il dibattito possa in qualche modo interferire con le elezioni europee di giugno e confida che la nuova Commissione possa essere comprensiva. Il Piano fiscale strutturale di medio termine previsto dalla nuova governance, che in via transitoria sarà presentato entro il 20 settembre, con la ‘traiettoria di riferimento’ della spesa primaria, dovrebbe sciogliere il nodo.

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