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COSENZA – Arriva la sentenza di Cassazione per i più clamorosi fatti di ‘ndrangheta che hanno insanguinato la città di Cosenza tra gli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta. Confermati gli ergastoli che erano stati inflitti in Appello. Erano tredici in tutto – nove in più rispetto al primo grado di giudizio – tra i quali quelli dei boss Gianfranco Ruà, Franco Perna, Pasquale Pranno e Domenico Cicero. Ma ci sono state anche cinque condanne annullate per prescrizione, che riguardano gli imputati condannati per omicidio ma con il riconoscimento delle attenuanti generiche. E per questi casi è stata disposta anche una serie di scarcerazioni. 

I TREDICI ERGASTOLI – Le condanne all’ergastolo inflitte in secondo grado e confermate in Cassazione riguardano Giancarlo Anselmo (in primo grado condannato a 25 anni), Lorenzo Brescia (che partiva da 27), Giuseppe Ruffolo (29), Gianfranco Bruni (23), Giulio Castiglia (25), Silvio Chiodo (23 anni in primo grado), Domenico Cicero (23), Giovanni Abbruzzese (25), Edgardo Greco (25 anni), Francesco Perna (conferma), Gianfranco Ruà (conferma), Romeo Calvano (conferma) e Pasquale Pranno (conferma). Hanno beneficiato invece della prescrizione Mario Baratta, Francesco Pirola, Claudio Gabriele, Giuseppe Iirillo e Fioravante Abbruzzese, detto “Banana”: erano stati condannati per aver commesso degli omicidi durante la cruenta guerra di mafia ma i fatti risalgono agli anni Ottanta e in più gli erano state riconosciute le attenuanti generiche. Da qui l’annullamento senza alcun rinvio delle sentenze di condanna. 

 

DA COSMAI AI BIMBI UCCISI – La decisione degli ermellini è stata comunicata agli avvocati nella tarda serata e nella giornata di domani l’intero dispositivo assumerà contorni più chiari. Al vaglio della Cassazione c’erano in tutto una quarantina di imputati, chiamati in causa per altrettanti omicidi commessi durante la sanguinosa guerra di mafia tra i clan “Pino-Sena” e “Perna-Pranno”. Tra gli agguati spicca quello del direttore del carcere di Cosenza Sergio Cosmai, ucciso il 12 marzo del 1985 lungo il viale bruzio che ora porta (insieme al penitenziario di via Popilia) il suo nome. A commissionare il delitto, secondo la sentenza ormai definitiva, fu Franco Perna. Ci sono anche gli omicidi, efferati, di due ragazzini, ossia Pasqualino Perri (Rende, 27 ottobre 1978), ucciso mentre era a cena col padre, e Francesco Bruni jr (Carolei, 8 novembre 1991), accoltellato, strangolato e poi scannato.

IL “SISTEMA DELLE ALLEANZE” – I delitti di mafia inseriti nel maxi-processo “Missing” «hanno fortemente contraddistinto le dinamiche criminali della malavita cosentina» e «vanno collocati nell’ambito dei contrasti insorti tra le diverse consorterie, nonchè al loro interno, e si appalesano tutti legati da un comune filo conduttore, costituito dalla lotta per la supremazia criminale sul territorio e la gestione illecita del potere. In questo contesto ogni fatto ha finito per rappresentare l’effetto e al tempo stesso la causa di altri delitti, secondo la logica stringente e feroce di un autentico ping-pong omicidiario»: è un passaggio – abbastanza esplicito – della sentenza emessa il 25 maggio del 2012 dalla Corte di Assise di Appello di Catanzaro (presidente Talarico, a latere Petrini). I giudici del secondo grado nelle loro motivazioni fecero la relativa premessa storica, ricordando appunto che a farsi la guerra erano, da una parte, il gruppo Perna-Pranno e dall’altra il gruppo Pino-Sena.

«Il sistema delle alleanze – hanno scritto – si configurava in modo sensibilmente diverso: Perna manteneva un atteggiamento di sostanziale diffidenza verso i “forestieri”, di talchè si limitò ad avvalersi dell’appoggio della cosca Serpa di Paola. La cosca Pino invece, numericamente meno consistente, aveva maggiore necessità di reperire forze per fronteggiare il nemico nella lotta per la supremazia del territorio». Secondo i giudici di Catanzaro i partecipanti ai due sodalizi hanno avuto la disponibilità, «per il conseguimento delle finalità dell’associazione, di armi e di materie esplodenti, largamente adoperate per la commissione di numerosissimi delitti durante e dopo la guerra di mafia».

 

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