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POTENZA – Potrà avvalersi della facoltà di non rispondere Luigi Di Lauro, il giornalista indagato per il presunto omicidio di Anna Esposito.

Oggi pomeriggio il 48enne potentino dovrà comparire davanti ai magistrati per la seconda volta dalla scoperta del cadavere della sua ex compagna, il 12 marzo del 2001.

All’epoca era stato convocato soltanto come “persona informata sui fatti”. Poi l’ipotesi del gesto autolesionista ha preso il sopravvento e il fascicolo contro ignoti per istigazione al suicidio è stato archiviato. Per questo sulle contraddizioni tra le sue parole e quelle di altri testi convocati a riscontro delle stesse è calato il silenzio.

Tredici anni dopo gli inquirenti sembrano intenzionati a ripercorrere nel dettaglio tutti gli spostamenti del volto noto del Tgr Basilicata la sera precedente alla scoperta del corpo del giovane commissario della Digos.

Il sospetto infatti è che non si sia trattato di un suicidio anomalo, ma di un omicidio camuffato ad arte “impiccando” il cadavere alla maniglia della porta del bagno nel appartamento di servizio della caserma di viale Lazio. Di qui l’iscrizione dell’ultimo fidanzato della donna con cui i rapporti non si erano interrotti nemmeno dopo la “rottura” della loro relazione.

A chiedere la riapertura del caso a luglio del 2012 era stato il padre di Anna Esposito, depositando in Procura a Potenza una consulenza di parte che sollevava dubbi sulla possibilità che sua figlia si fosse realmente tolta la vita in quel modo.

Alla base venivano evidenziate una serie di circostanze, oltre all’evidente “stranezza” di un gesto di quel tipo: «un’impiccagione atipica e incompleta», in gergo medico legale, in quanto la fibbia non sarebbe stata stretta sulla nuca, ma appena sotto l’orecchio destro, e i colleghi della donna non avrebbero trovato il corpo del tutto sospeso a mezz’aria, data l’esigua altezza della maniglia a cui era “appeso”.

In precedenza lo stesso Enzo Esposito, intervistato da Chi l’ha visto? aveva puntato il dito anche contro gli errori commessi durante le prime ore dai colleghi della figlia, che avrebbero compromesso in maniera irrimediabile le indagini. Errori evidenziati anche dal pm Claudia De Luca nella sua richiesta di archiviazione del 2001.

 Così erano emersi i bigliettini di minacce che il commissario avrebbe rivelato al padre di aver trovato sulla sua scrivania, scritti da qualcuno che in Questura l’aveva presa di mira non si capisce bene perché.

Mentre un’altra pista esplorata dagli investigatori negli anni scorsi è stata indicata dalla madre di Anna Esposito che nel 2010 ha denunciato che pochi giorni prima di morire le aveva confidato di aver fatto delle scoperte sul caso Claps: alcuni poliziotti come lei avrebbero saputo che fine aveva fatto Elisa, e dove era stata nascosto il suo cadavere.

Non era la prima volta che il giallo della Trinità e quello della caserma di Santa Maria si incrociavano in maniera suggestiva.

Nel 2006 a raccontare di un sinistro collegamento tra le due vicende era stato don Marcello Cozzi, oggi vicepresidente di Libera, sentito dall’allora pm Luigi De Magistris nell’ambito dell’inchiesta sulle Toghe lucane, poi conclusa con un nulla di fatto.

Lo stesso Don Cozzi 6 anni dopo dalle colonne della Repubblica avrebbe ribadito all’inviato Attilio Bolzoni di essere convinto che la morte del commissario fosse «legata» al mistero sugli autori dell’agguato in cui morirono i coniugi Gianfredi, il 29 aprile del 1997, e con questo «ai colpevoli ritardi nell’individuazione di Danilo Restivo come assassino di Elisa».

Quindi i faldoni erano partiti in direzione Salerno, sede un tempo competente per le inchieste che coinvolgevano anche magistrati in servizio nel distretto giudiziario lucano (si veda proprio Claps e Gianfredi), per poi tornare a Potenza a giugno del 2012, dopo che i pm campani ne avevano escluso la sussistenza.

A spiegarlo al Quotidiano della Basilicata era stato Franco Roberti in persona, all’epoca ancora procuratore capo di Salerno poi nominato ai vertici della Direzione nazionale antimafia.

«Dalle indagini sulla morte del funzionario di polizia Anna Esposito dopo le prime verifiche non è emerso alcun collegamento con i delitti Claps e Gianfredi». Queste erano state le sue parole.

Per questo le indagini sono ripartite dall’unica pista che, almeno formalmente, è rimasta inesplorata.

Nei giorni scorsi il legale di Di Lauro, Leonardo Pinto, si è detto sereno e convinto di poter dimostrare che quella sera il suo assistito non ha incontrato l’ex compagna.

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