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MILANO – Sgominato il sistema di sostentamento dei boss delle ‘ndrine attive a Milano e in Lombardia finiti in carcere e delle loro rispettive famiglie. Con una operazione scattata all’alba i carabinieri e i finanzieri dei Comandi provinciali di Milano, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia, e in particolare dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dal pm Paolo Storari, hanno eseguito, in provincia di Milano e di Reggio Calabria, dieci ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti appartenenti alle cosche ‘ndranghetiste originarie del reggino e in particolare alla cosca calabrese Barbaro-Papaliae operanti, da decenni, nell’hinterland del capoluogo lombardo. Le indagini hanno consentito di accertare, come detto, l’esistenza di un circuito economico illecito i cui introiti erano destinati al sostegno dei vertici dell’organizzazione criminale, tuttora in carcere. L’inchiesta, ribattezzata ‘Operazione platino’, ha documentato «l’efficace meccanismo di controllo dei servizi di sicurezza di alcune discoteche milanesi, la consolidata procedura di ‘recupero crediti’, fondata sull’estorsione condotta con il metodo mafioso e il tradizionale canale di approvvigionamento economico derivante dal traffico illecito di stupefacenti» spiegano gli investigatori.

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L’indagine che ha portato all’esecuzione da parte dei carabinieri e dei militari della Guardia di Finanza di Milano di dieci arresti di presunti affiliati alla ‘ndrangheta, secondo gli investigatori, «ha riconfermato la presenza pervasiva ed il controllo egemonico del territorio da parte dei ‘calabresì, realizzato anche attraverso accordi con organizzazioni criminose omologhe».
Secondo il gip di Milano, Franco Cantù Rajnoldi, Agostino Catanzariti e altri presunti esponenti della ‘ndrangheta, arrestati stamani nell’operazione condotta dalla Dda di Milano, avrebbero fornito una «protezione a tutto campo» ad alcune discoteche milanesi, una “protezione totale” attraverso una “sorta di estorsione-tangente” dal cui pagamento gli imprenditori avrebbero tratto anche “un cospicuo vantaggio”. Gli arrestati, stando alla ricostruzione della Procura, si sarebbero avvalsi «della forza di intimidazione che scaturiva dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà che si creavano nel territorio di Buccinasco, Corsico e Trezzano sul Naviglio, attuando un capillare controllo di ogni aspetto della vita, specie pubblica ed economica». 
Secondo il pm Paolo Storari «questa indagine conferma quanto emerso nel corso di molte altre inchieste sui legami tra ‘ndrangheta e imprenditoria in Lombardia: ovvero che sono gli imprenditori a cercare le cosche, e non più viceversa».
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