X
<
>

Condividi:
8 minuti per la lettura

di SARA LORUSSO
POTENZA – È andata via da Policoro e dalla Basilicata, come capita a parecchi, per studiare all’Università. 
Di ritorno al «buen ritiro, alla sua Itaca» ogni volta che può. Peccato i collegamenti, sempre un’impresa. E adesso che Francesca vive a Milano è persino più complicato. 
Giornalista, impegnata in un racconto di legalità che cerca di parlare soprattutto ai più giovani, trentacinque anni, mamma (un maschio di sette anni e una bimba di 5 mesi), Francesca Barra è un’appassionata. 
Quando c’è da parlare di Basilicata ogni tanto si arrabbia, soprattutto sui luoghi comuni: troppi ancora in giro, ma anche troppo pochi quelli che si attivano per smentirli.  
«Mi sono imbattuta spesso in giudizi esterni sulla pigrizia dei lucani, sulla nostra inclinazione alla lamentela. Naturalmente, la generalizzazione è sciocca. Ma mi fa arrabbiare di più imbattermi nell’incapacità di darsi da fare, nell’autoassoluzione, nella critica senza impegno». 
La Basilicata sta lì, sempre. 
«Credo manchino soprattutto spazi di cultura, nei luoghi periferici sono vitali.» Ed è un peccato, dice, per questa terra che ha parecchio da raccontare. 
«Confido nei giovani, in Basilicata come altrove, hanno voglia, si contaminano, parlano. Aiutati anche dalla tecnologia, dalle possibilità della rete, si lanciano nel mondo esterno, lo osservano, si impegnano». 
Quando ha lasciato la Basilicata, aveva voglia – racconta – di scoprire che cosa ci fosse «fuori». 
«La prima cosa che ho fatto è stata andare al cinema a Roma. Nel mio paese, Policoro, non esisteva più. Al suo posto avevano costruito la Coop.» 
Francesca ha sempre saputo di voler scrivere. Gli studi universitari con indirizzo in giornalismo, poi la pratica, passando dalla gavetta alle esperienze più importanti. A novembre scorso ha lasciato Matrix, ma continua a intervenire in numerose trasmissioni (a proposito, stamattina, alle 9.45 sarà ospite di RaiUno per discutere di violenza, linguaggio e web). Ogni domenica torna puntuale con la rubrica sull’Unità. 
Sotto la scure dei tagli aziendali Rai è finita anche la trasmissione radiofonica che da oltre quattro anni Francesca conduceva su Radio1, “La bellezza contro le mafie”. 
«Ecco, questo proprio non lo capisco. I costi della trasmissione erano bassissimi, ma i risultati straordinari. Abbiamo raccontato più di 2.000 storie, abbiamo sostenuto i familiari delle vittime di mafia, abbiamo informato, raccolto testimonianze, distribuito esempi, abbiamo fatto giornalismo.» 
C’è una petizione di cittadini che chiede il ripristino dell’appuntamento radiofonico. Hanno preso a cuore la vicenda don Ciotti, Sonia Alfano, ne ha parlato Saviano.  
La legalità è un tema che torna sempre nel lavoro di Francesca. «C’è maggiore informazione e consapevolezza oggi. I giovani non sono spettatori, ma protagonisti. Il problema è che manca ancora una adeguata presenza dello Stato, soprattutto nel Mezzogiorno. Siamo troppo soli.»
Il suo compito – lavoro, divertimento e chiodo fisso – raccontare. A chiederle se meglio la carta o la radio, non ha dubbi. «La radio è stata una scommessa vinta. Senza le immagini, raccontare, è impresa quasi impossibile. La tv, la carta stampata, i libri sono altri strumenti, tutti di uguale importanza, ma conta anche per chi lavori.»
In generale nel giornalismo molto è cambiato. «Si fa meno cronaca, troppe opinioni. E l’audience uccide la verità.» 
A proposito di notizie, capita spesso che la Basilicata resti fuori dal circuito nazionale, come accaduto durante l’ultima alluvione. «Perché quando non ci sono “morti”, quando non sei certo che la notizia farà audience, non diventa tale. Si cancella.»
Parte delle feste le ha passate in Basilicata. Il cruccio, sempre lo stesso: i collegamenti. «È un peccato, lo ribadisco. Spesso, con mio marito, che si occupa di documentari, abbiamo scelto di viaggiare in auto per goderci pezzi di paesaggio che da queste parti sono impagabili. Ma quando ci siamo trovati a viaggiare in treno, che tormento: coincidenze che saltano, ritardi, mille cambi.» 
A guardarla da fuori questa regione ha ancora tante opportunità da cogliere «sul turismo, sull’accglienza, sulla cura dell’identità». 
Presto sarà di nuovo in libreria con Rizzoli, nel frattempo gira per l’Italia tra mille appuntamenti, cercando storie da raccontare. 
Dietro si porta «profumi, onestà, cibo, bellezza di questa terra. E la musica. La musica che si fa in Basilicata è strepitosa, la radio dovrebbe trasmetterla più spesso». 

POTENZA – È andata via da Policoro e dalla Basilicata, come capita a parecchi, per studiare all’Università. Di ritorno al «buen ritiro, alla sua Itaca» ogni volta che può. Peccato i collegamenti, sempre un’impresa. E adesso che Francesca vive a Milano è persino più complicato. 

Giornalista, impegnata in un racconto di legalità che cerca di parlare soprattutto ai più giovani, trentacinque anni, mamma (un maschio di sette anni e una bimba di 5 mesi), Francesca Barra è un’appassionata. 

Quando c’è da parlare di Basilicata ogni tanto si arrabbia, soprattutto sui luoghi comuni: troppi ancora in giro, ma anche troppo pochi quelli che si attivano per smentirli.  «Mi sono imbattuta spesso in giudizi esterni sulla pigrizia dei lucani, sulla nostra inclinazione alla lamentela. Naturalmente, la generalizzazione è sciocca. Ma mi fa arrabbiare di più imbattermi nell’incapacità di darsi da fare, nell’autoassoluzione, nella critica senza impegno». 

La Basilicata sta lì, sempre. «Credo manchino soprattutto spazi di cultura, nei luoghi periferici sono vitali.» 

Ed è un peccato, dice, per questa terra che ha parecchio da raccontare. «Confido nei giovani, in Basilicata come altrove, hanno voglia, si contaminano, parlano. Aiutati anche dalla tecnologia, dalle possibilità della rete, si lanciano nel mondo esterno, lo osservano, si impegnano». 

Quando ha lasciato la Basilicata, aveva voglia – racconta – di scoprire che cosa ci fosse «fuori». «La prima cosa che ho fatto è stata andare al cinema a Roma. Nel mio paese, Policoro, non esisteva più. Al suo posto avevano costruito la Coop.» Francesca ha sempre saputo di voler scrivere. 

Gli studi universitari con indirizzo in giornalismo, poi la pratica, passando dalla gavetta alle esperienze più importanti. A novembre scorso ha lasciato Matrix, ma continua a intervenire in numerose trasmissioni (a proposito, stamattina, alle 9.45 sarà ospite di RaiUno per discutere di violenza, linguaggio e web). Ogni domenica torna puntuale con la rubrica sull’Unità. Sotto la scure dei tagli aziendali Rai è finita anche la trasmissione radiofonica che da oltre quattro anni Francesca conduceva su Radio1, “La bellezza contro le mafie”. 

«Ecco, questo proprio non lo capisco. I costi della trasmissione erano bassissimi, ma i risultati straordinari. Abbiamo raccontato più di 2.000 storie, abbiamo sostenuto i familiari delle vittime di mafia, abbiamo informato, raccolto testimonianze, distribuito esempi, abbiamo fatto giornalismo.» 

C’è una petizione di cittadini che chiede il ripristino dell’appuntamento radiofonico. Hanno preso a cuore la vicenda don Ciotti, Sonia Alfano, ne ha parlato Saviano.  La legalità è un tema che torna sempre nel lavoro di Francesca. 

«C’è maggiore informazione e consapevolezza oggi. I giovani non sono spettatori, ma protagonisti. Il problema è che manca ancora una adeguata presenza dello Stato, soprattutto nel Mezzogiorno. Siamo troppo soli.»

Il suo compito – lavoro, divertimento e chiodo fisso – raccontare. A chiederle se meglio la carta o la radio, non ha dubbi. 

«La radio è stata una scommessa vinta. Senza le immagini, raccontare, è impresa quasi impossibile. La tv, la carta stampata, i libri sono altri strumenti, tutti di uguale importanza, ma conta anche per chi lavori.»In generale nel giornalismo molto è cambiato. «Si fa meno cronaca, troppe opinioni. E l’audience uccide la verità.» 

A proposito di notizie, capita spesso che la Basilicata resti fuori dal circuito nazionale, come accaduto durante l’ultima alluvione. 

«Perché quando non ci sono “morti”, quando non sei certo che la notizia farà audience, non diventa tale. Si cancella.»

Parte delle feste le ha passate in Basilicata. Il cruccio, sempre lo stesso: i collegamenti. «È un peccato, lo ribadisco. Spesso, con mio marito, che si occupa di documentari, abbiamo scelto di viaggiare in auto per goderci pezzi di paesaggio che da queste parti sono impagabili. Ma quando ci siamo trovati a viaggiare in treno, che tormento: coincidenze che saltano, ritardi, mille cambi.» 

A guardarla da fuori questa regione ha ancora tante opportunità da cogliere «sul turismo, sull’accglienza, sulla cura dell’identità». Presto sarà di nuovo in libreria con Rizzoli, nel frattempo gira per l’Italia tra mille appuntamenti, cercando storie da raccontare. Dietro si porta «profumi, onestà, cibo, bellezza di questa terra. E la musica. La musica che si fa in Basilicata è strepitosa, la radio dovrebbe trasmetterla più spesso». 

 

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE