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DI certo non c’è nulla di cui rallegrarsi. La produzione industriale si è ridotta del 7,7 per cento, le vendite all’estero sono calate del 12,3 per cento, il settore delle costruzioni ha subito una flessione dello 0,8 per cento e l’occupazione si è contratta del 2,6 per cento. Insomma, anche nel 2013 è proseguita la caduta dell’attività economica in Basilicata, secondo il puntuale rapporto della Banca d’Italia presentato ieri nella filiale di Potenza. Ma è stesso la Banca d’Italia a lanciare un messaggio positivo: “In questo quadro pur sempre in caduta, abbiamo una flessione ridotta rispetto al 2012. Tant’è che il Prodotto interno lordo – spiega il direttore Fasano – è calato del 3,2 per cento a fronte del 3,5 per cento del 2012. Altro segnale importante, da considerare come prospettiva per il futuro, è il turismo, unico settore in crescita  sia in termini di arrivi che di presenze, soprattutto a Matera. Da tener conto però della ancora scarsa incidenza regionale”.  Così a trainare l’economia lucana ci pensa sempre l’automotive, nel bene e nel male. Gli ultimi ammodernamenti del colosso Fiat, infatti,  hanno ridotto le esportazioni all’estero, che sono addirittura al di sotto della media meridionale. Tuttavia questo è l’unico comparto nel quale compaiono investimenti maggiori sia rispetto ad altri comparti che rispetto allo stesso settore nel resto d’Italia. Altra peculiarità dell’economia lucana a cui, data l’importanza, la Banca d’Italia dedica un particolare approfondimento è il petrolio. L’analisi  non è di tipo causa – effetto, come sottolinea Nicola Curci, del gruppo di ricerca, per cui risulta impossibile verificare il diretto rapporto tra petrolio e occupazione. Tuttavia i dati della Banca d’Italia, di tipo descrittivo, illustrano una situazione tuttalpiù favorevole nelle aree interessate dalle estrazioni (+5,8 per cento degli addetti all’industria e ai servizi) con scarsa incidenza nel resto della regione. Il settore che in linea con il resto d’Italia ha grosse difficoltà è quello delle costruzioni. Due sono gli aspetti che hanno determinato la crisi: la debolezza del mercato immobiliare residenziale e i pochi investimenti in opere pubbliche da parte delle amministrazioni. Di conseguenza si sono ridotte le transazioni immobiliari  del 9,4 per cento mentre i prezzi del 4,8. Fattori strettamente legati a tutto ciò sono la riduzione dell’8,5 per cento della spesa per beni durevoli delle famiglie lucane e l’impossibilità insita nel settore di agganciarsi alla domanda estera. Nel complesso risulta un calo di addetti alle unità locali  rispetto al 2001 pari al 4,1 per cento, con una media molto più alta di quella nazionale. Ciò dipende dalle caratteristiche intrise dell’economia lucana che si basa da sempre su settori poco dinamici, l’edile e i servizi all’istruzione, con un raggio d’azione all’interno della stessa regione anche per quei settori più dinamici. Un dato, questo, che mette in evidenza i limiti delle imprese lucane: la poca internazionalizzazione, la dipendenza dal pubblico e il legame esclusivo con la Basilicata. Ultimo, ma non per importanza, il credito, che ha subito un’ulteriore contrazione dei prestiti bancari del 2,9 per cento. Per le famiglie sono calati sia i mutui per l’acquisto di abitazioni sia il credito al consumo. Vivace la domanda da parte delle imprese per la ristrutturazione del proprio credito. In questo quadro appare positivo il ruolo delle banche locali, che hanno erogato più prestiti di quelle non locali.

 

LAVORO E CALO DEMOGRAFICO SOLO I MALI PEGGIORI

Il male di tutti i mali. Quello più evidente, sotto gli occhi di tutti, che vede ogni anno milioni di giovani lasciare la Basilicata per non tornare più. Il mercato del lavoro continua a risentire delle debolezza dell’economia lucana. L’occupazione si è contratta del 2,6 per cento, sebbene meno che nel mezzogiorno e con un’attenuazione rispetto al 2012.  Le richieste di cassa integrazione sono diminuite del 21,5 per cento ma resta molto alta la percentuale di lavoratori che hanno usufruito di questa misura di assistenza: 16 per cento contro il 5 per cento nazionale.  Il tasso di disoccupazione sale così al 15,2 per cento con un dato che ogni anno è sempre più grave: il numero degli scoraggiati, ovvero degli inattivi che non cercano nemmeno il lavoro, convinti di non trovarlo. Una categoria che dal 2008 è salita al 51,3 per cento.  Il problema essenziale è il rapporto domanda offerta. L’emigrazione e l’invecchiamento, infatti, limitano la seconda. Tra il 2001  e il 2011 la Basilicata ha perso il 3,3 per cento della popolazione, dato peggiore della media delle regioni italiane. Per non parlare delle fasce più colpite, ovvero quelle costituite dalla popolazione più attiva e riproduttiva.  Stime della Banca d’Italia riferiscono che solo la metà dei giovani  laureatisi nel 2007 risiedeva in regione anche nel 2011 e meno del 30 per cento era occupato. Un dato che la Banca d’Italia lega all’emigrazione intellettuale che avviene prima della laurea, quando è il momento di scegliere l’Università. Rispetto ad altre regioni il numero di laureati che si laureano in regione è inferiore rispetto ad altre realtà del sud, nonostante una qualità della ricerca maggiore nell’Università lucana. Occupazione e tasso demografico sono due facce della stessa medaglia, che intercettano altri assi come quello universitario e dei trasporti. Dal rapporto infatti emerge come nelle aree meglio collegate alle reti di trasporto  e con centri più popolosi si sono registrate variazioni della popolazione meno sfavorevoli della media regionale. 

 

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