X
<
>

Share
2 minuti per la lettura

LAMEZIA TERME – «O lavori a queste condizioni o ti licenzio»: questa sarebbe stata la frase attraverso la quale sarebbe stata compiuta l’estorsione sin dal primo momento in cui il lavoratore metteva piede in azienda.

La Guardia di Finanza fece luce su questo sistema che sarebbe stato adottato dagli amministratori di un’azienda di distributore di carburanti che ora hanno patteggiato la pena di due anni risarcendo i loro dipendenti. Per estorsione sugli stipendi dei loro dipendenti Angelo, Salvatore e Valeria Martino, hanno infatti scelto e ottenuto il patteggiamento dopo aver risarcito le 48 vittime, ovvero i loro dipendenti.

Il gup di Lamezia, Francesco Aragona, ha accolto la richiesta degli imputati (padre e due figli) infliggendo loro una pena di due anni di reclusione e 3.000 euro di multa, in ragione del fatto che erano tutti incensurati, riconoscendo loro le attuanti generiche e tenuto conto che nel frattempo avevano risarcito le loro vittime, tutti dipendenti delle loro aziende, erogando in loro favore diverse centinaia di migliaia di euro. Associazione per delinquere finalizzata alle estorsioni ed alla frode fiscale, queste le accuse per le quali i tre anno patteggiato la pena. Una sentenza che ha quindi sancito che sottopagare i lavoratori o farli lavorare a condizioni meno vantaggiose rispetto a quelle previste dai contratti nazionali di categoria, dietro la minaccia del licenziamento, anche larvata, integra il reato di estorsione.

Le indagini (iniziate quando un lavoratore ebbe il coraggio di ribellarsi e denunciare i fatti) inerenti l’operazione “I maggio”, furono portate a termine dal Nucleo Mobile del Gruppo della Guardia di Finanza di Lamezia Terme e riguardarono il gruppo di imprenditori Martino che attraverso le loro società avrebbero taglieggiato i propri dipendenti costringendoli a firmare buste paghe sulle quali veniva attestato che a favore di quest’ultimi venivano erogati regolari salari, corrispondenti a quelli previsti dai contratti nazionali di categoria; di fatto, però, i dipendenti percepivano pressappoco la metà delle somme realmente spettanti per diritto e se non accettavano tali condizioni sarebbero stati licenziati.

La Guardia di Finanza aveva stimato che dal 2005 al 2010 la somma complessiva che sarebbe stata estorta ai lavoratori ammontava ad oltre 550.000 euro che oggi è stata restituita ai loro dipendenti. Nello stesso tempo le fiamme gialle avevano accertato che i Martino dapprima documentavano l’erogazione degli stipendi ai loro dipendenti e dall’altra incassavano “in nero” le somme taglieggiate, documentando in tal modo costi che di fatto non avrebbero sostenuto. Nel corso delle indagini furono anche sequestrati i beni dei Martino di cui il gup ha disposto la restituzione in quanto hanno dimostrato di aver risarcito tutte le loro vittime.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE