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MONTAURO LIDO Le procure di Palermo e Caltanissetta lo avevano iscritto sul registro degli indagati diversi anni addietro. Niente prove contro di lui, quindi l’archiviazione che porta da data del dicembre 2012. Di recente però qualcosa sembra essere cambiato, e il fasciolo su “Faccia da Mostro” sarebbe stato aperto per essere rinvigorito con nuovi elementi.
A suo tempo il primo a fare il nome di Aiello era stato nell’89 il pentito Vito Lo Forte, della famiglia di Acquasanta. Aveva detto che quell’uomo di cui non conosceva il nome aveva diversi rapporti con il clan. Una testimonianza che non ha mai avuto riscontro. Successivamente lo aveva tirato in ballo Luigi Ilardo, il boss infiltrato dai carabinieri nella cerchia ristretta degli uomini di Bernardo Provenzano. Avrebbe dovuto far catturare il capo dei capi ancora in libertà. Invece lo hanno ammazzato nel 1996. 
“Noi – aveva raccontato Ilardo al colonnello dei carabinieri Michele Riccio – sapevamo che c’era un agente a Palermo che faceva cose strane e si trovava sempre in posti strani. Aveva la faccia da mostro. Siamo venuti a sapere che era anche nei pressi di Villagrazia quando uccisero il poliziotto Agostino”.  Una testimonianza che trova una piccola conferma nelle parole di Vincenzo Agostino, padre del poliziotto che ricordando il giorno dell’assassinio del figlio raccontato che a Villagrazia di Carini “Faccia da Mostro” si era fatto vedere. Era qualche giorno prima dell’omicidio di Nino Agostino quando qualcuno andò a bussare alla porta della sua famiglia per cercarlo: “Era un uomo con i capelli biondi, dal viso orribilmente deturpato”.
Tracce dell’uomo misterioso ci sono poi anche in riva allo Stretto. Qui, Nino Lo Giudice, il pentito che ha detto e ridetto mille cose e mille volte, prima di rimangiarsele tutte in un memoriale in cui ha ritrattato ogni sua dichiarazione, lo ha citato in almeno un’occasione. Sentito dal Gianfranco Donadio, magistrato della Direzione Nazionale Antimafia, Lo Giudice indica Aiello nell’uomo definito “Faccia di Mostro” affermando che “era solito agire con una donna di nome Antonella”. Secondo Lo Giudice, che ha poi smentito, “entrambi facevano parte dei servizi deviati dello Stato”.
Nuovi elementi dunque. Tali che la procura di Caltanissetta ha nuovamente stretto il cerchio sul nome di Aiello. Agli atti della procura di Caltanissetta adesso c’è anche il verbale del collaboratore di giustizia Gioacchino La Barbera. L’uomo che il 23 maggio del 1992 avvisò i killer di Falcone dell’arrivo delle auto blindate dall’aeroporto. Parlando della fase preparatoria all’attentato di Capaci ha affermato che c’era anche un uomo estraneo all’organizzazione, sconosciuto al livello operativo di Cosa Nostra che parlava “soltanto a bassa voce”. Un racconto analogo a quello fatto da Gaspare Spatuzza che aveva parlato della preparazione della bomba per Borsellino: “Mentre veniva imbottita di esplosivo la Fiat 126 nel garage tra noi c’era uno elegante, biondino, mai visto prima, parlava con Gaetano Scotto”.
Giovanni Aiello, sa bene di essere stato indagato in passato e sa anche che forse anche oggi il suo telefono e sotto controllo. Non fa una grinza. Se ne sta nella sua baracca di Calalonga in attesa di niente. Sa che hanno interrogato alcuni suoi parenti, sa anche molte altre cose. Ma non si preoccupa stringe le spalle: “Di queste cose non so nulla, a me nessuno mi ha cercato, nessuno mi ha mai interrogato e d’altra parte io sono sempre stato qui, dal 1979 in poi. Con Palermo non ho legami e se la volete sapere tutta il il ministero dell’Interno non so neppure dove sia”.

MONTAURO LIDO – Le procure di Palermo e Caltanissetta lo avevano iscritto sul registro degli indagati diversi anni addietro. Niente prove contro di lui, quindi l’archiviazione che porta da data del dicembre 2012. Di recente però qualcosa sembra essere cambiato, e il fasciolo su “Faccia da Mostro” sarebbe stato aperto per essere rinvigorito con nuovi elementi. Lui, intanto, sembrava sparito nel nulla ma invece si era rifugiato in Calabria, a Montauro Lido, in provincia di Catanzaro (LEGGI).

A suo tempo il primo a fare il nome di Aiello era stato nell’89 il pentito Vito Lo Forte, della famiglia di Acquasanta. Aveva detto che quell’uomo di cui non conosceva il nome aveva diversi rapporti con il clan. Una testimonianza che non ha mai avuto riscontro. Successivamente lo aveva tirato in ballo Luigi Ilardo, il boss infiltrato dai carabinieri nella cerchia ristretta degli uomini di Bernardo Provenzano. Avrebbe dovuto far catturare il capo dei capi ancora in libertà. Invece lo hanno ammazzato nel 1996. “Noi – aveva raccontato Ilardo al colonnello dei carabinieri Michele Riccio – sapevamo che c’era un agente a Palermo che faceva cose strane e si trovava sempre in posti strani. Aveva la faccia da mostro. Siamo venuti a sapere che era anche nei pressi di Villagrazia quando uccisero il poliziotto Agostino”.  Una testimonianza che trova una piccola conferma nelle parole di Vincenzo Agostino, padre del poliziotto che ricordando il giorno dell’assassinio del figlio raccontato che a Villagrazia di Carini “Faccia da Mostro” si era fatto vedere. 

Era qualche giorno prima dell’omicidio di Nino Agostino quando qualcuno andò a bussare alla porta della sua famiglia per cercarlo: “Era un uomo con i capelli biondi, dal viso orribilmente deturpato”. Tracce dell’uomo misterioso ci sono poi anche in riva allo Stretto. Qui, Nino Lo Giudice, il pentito che ha detto e ridetto mille cose e mille volte, prima di rimangiarsele tutte in un memoriale in cui ha ritrattato ogni sua dichiarazione, lo ha citato in almeno un’occasione. Sentito dal Gianfranco Donadio, magistrato della Direzione Nazionale Antimafia, Lo Giudice indica Aiello nell’uomo definito “Faccia di Mostro” affermando che “era solito agire con una donna di nome Antonella”. Secondo Lo Giudice, che ha poi smentito, “entrambi facevano parte dei servizi deviati dello Stato”.

Nuovi elementi dunque. Tali che la procura di Caltanissetta ha nuovamente stretto il cerchio sul nome di Aiello. Agli atti della procura di Caltanissetta adesso c’è anche il verbale del collaboratore di giustizia Gioacchino La Barbera. L’uomo che il 23 maggio del 1992 avvisò i killer di Falcone dell’arrivo delle auto blindate dall’aeroporto. Parlando della fase preparatoria all’attentato di Capaci ha affermato che c’era anche un uomo estraneo all’organizzazione, sconosciuto al livello operativo di Cosa Nostra che parlava “soltanto a bassa voce”. Un racconto analogo a quello fatto da Gaspare Spatuzza che aveva parlato della preparazione della bomba per Borsellino: “Mentre veniva imbottita di esplosivo la Fiat 126 nel garage tra noi c’era uno elegante, biondino, mai visto prima, parlava con Gaetano Scotto”.Giovanni Aiello, sa bene di essere stato indagato in passato e sa anche che forse anche oggi il suo telefono e sotto controllo. Non fa una grinza. Se ne sta nella sua baracca di Calalonga in attesa di niente. Sa che hanno interrogato alcuni suoi parenti, sa anche molte altre cose. Ma non si preoccupa stringe le spalle: “Di queste cose non so nulla, a me nessuno mi ha cercato, nessuno mi ha mai interrogato e d’altra parte io sono sempre stato qui, dal 1979 in poi. Con Palermo non ho legami e se la volete sapere tutta il il ministero dell’Interno non so neppure dove sia”.

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