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SONO le sette del mattino e la partenza non è stata programmata. Il sito delle Appulo Lucane è rimasto inaccessibile per tutta la giornata precedente ed è stato impossibile consultare gli orari. Il tabellone fotocopiato non è molto comprensibile: segna ore, minuti e secondi ma quello elettronico è più chiaro, anche se non si capisce quale bisogna prendere per Bari, se quello al binario 1 o al 2. Le biglietterie sembrano chiuse, ci sono quelle elettroniche con schermi touchscreen, poi ad un certo punto la tendina della biglietteria si alza e spunta qualcuno: «serve qualcosa?», chi l’avrebbe immaginato, le biglietterie alle 7 sono aperte

«Un biglietto per Bari Centrale», costo 9,70 su linea diretta, quattro ore di viaggio. Trenitalia offre 4 ore (anche 5) con obbligatorio cambio a Taranto, con biglietti dai 15 ai 25 euro. Meglio lo scartamento ridotto delle antiche Calabro Lucane, i trenini piccoli e diesel che puzzano ma che ti raccontano, camminando piano piano lungo i tornanti ad una sola linea, la storia di queste terre. La partenza è per le 8:19 e a Potenza non c’è nessuno, solo tre persone che scenderanno lungo la linea metropolitana. Alla seconda fermata un gruppo di anziani dal dialetto musicale parlano di cosa piantare ad aprile e raccontano la storia di questa ferrovia: «Nel ‘29 qui è arrivata l’acqua, la luce e la linea ferrata. Trasportavano tutti i materiali con dei cavalli che sembravano rocce». Il treno curva e le porte si aprono appena ci si piega. Per infinite fermate i pensieri sono l’unico modo di passare il tempo. È lunedì mattina, non c’è nessuno in queste piccole carrette dipinte da Reks e la Rts crew, ovvero i graffitari più prolifici di tutta Italia, quelli che trovi praticamente su qualsiasi treno e in qualsiasi stazione. Si cambia – «La cosa buona di questo treno è la temperatura» dice Simona, disoccupata ma sorridente. Fuori piove e Lucio, controllore con la passione per i balli latinoamericani informa che ad Avigliano si cambia treno. 

Passiamo dai “missili” diesel rossi e vecchissimi a una vettura un po’ più moderna, dai sedili in pelle verde-marrone a sedili morbidi di tessuto blu con il logo delle Appulo Lucane. Sono le 8:50 e viaggiamo solitari nel nulla. Intorno solo campagne e colline morbide coperte da verde intenso, non un albero. È un’immagine spettacolare, una Basilicata che ispirerebbe qualsiasi poeta, un sogno ad occhi aperti. Il treno va lento, si potrebbe scendere per rotolarsi giù da queste rotondità materne e tornare di nuovo su. Lucio ci segue fino a Bari, è giovane e gentile. Pochi giorni prima in Puglia un controllore è stato preso a calci al petto perché in due non avevano il biglietto. Sono scappati alla fermata di Toritto come codardi. Non è un treno per pendolari – Siamo 12 persone, due di questi arrivano dall’India e parlano continuamente ridendo di gusto, che bel contrasto rispetto alle facce tristi dei pochi viaggiatori. C’è una studentessa che sta tutto il tempo al telefono, senza respiro. Viaggia poco, ogni tanto torna dai suoi. 

Intanto abbiamo cambiato a Pietragalla, la linea è chiusa e si va in autobus superando Acerenza e Oppido Lucano. Si scende in stazioni immerse nel nulla assoluto. I paesi li vedi lontani arroccati sulle colline mentre la guida un po’ folle tra i tornanti fa male allo stomaco. Quando si arriva a Genzano il treno fermo alla stazione si accende. Ci hanno aspettato, scremati siamo arrivati solo in due. È tedesco e legge Ludlum, ha una faccia dura e uno stomaco d’acciaio, ha letto tutto il tempo senza curarsi delle curve. Siamo in ritardo di 15 minuti per via del cambio autobus-treno. Si capisce perché i pendolari si lamentano, ma chi vuole arrivare in orario deve prendere le Ferrovie dello Stato, qui si viaggia solo se si ha tempo per tutto, anche per contemplare i paeasaggi che cambiano, la pietra che spunta bianca dalla terra e che ti dice che sei arrivato in Puglia. Genzano la vedi dal finestrino arroccata e magnifica e ad Altamura si aggiungono vagoni. 

Ecco finalmente gli studenti. Aiuto, stiamo straripando – Da qui in poi è un delirio: qualcuno resta inesorabilmente in piedi in attesa di arrivare a Bari. A fianco c’è Nicola, studente al terzo anno di Giurisprudenza. È assieme ad altri due giovanissimi che hanno evitato la scuola, vanno a Bari e lui si offre come cicerone per i due. «Quando diventerò un avvocato famoso mi farai da autista? – dice ad uno dei due – ti pagherò 50 euro al giorno», sembrano discorsi da terza media. Mi racconta che ha girato l’Europa mentre il suo amico crede che Cosenza sia vicino al Molise. Luca, giovane hipster con barba mi dice che tutto sommato, ritardi di 30 minuti compresi, è meglio viaggiare su queste micro metropolitane, si paga poco e ci sono tutti i suoi colleghi d’ateneo. Dalla pioggia di Potenza al sole duro pugliese, a Bari centrale tutti si affrettano ad andare via e la sensazione è quella di una regione, la Basilicata, letteralmente spaccata a metà. 

A Bari la stazione è in rifacimento. Non c’è una biglietteria, sol un bar all’ingresso e una biglietteria automatica. La sala d’attesa è un luogo caldo per clochard e gran bevitori, sembra di trovarsi in qualche poema dal sapore bukowskiano. A conti fatti – Potenza è lontana, da Matera invece si parte in autobus, ma sono stipati e si viaggia all’alba per arrivare alle 8 a Bari. Su Facebook si sono messi insieme su una pagina e si raccontano tutte le disgrazie. È vero, i treni sono sporchi ma come un qualsiasi regionale delle Ferrovie, i ritardi invece sono notevoli. Invece di arrivare alle 11 e 54 ci si ferma alle 12 e 20. 

Anche al ritorno, con gli stessi cambi si accumulano pericolosi minuti. A Gravina per esempio si arriva alle 15:30 invece che alle 15:17, ma poi, miracolo, a Potenza ci si ferma in orario. Altra storia per i pendolari sofferenti, in Puglia infatti non è raro che un treno si rompa nel bel mezzo del viaggio, lì però l’utilizzo è molto più intensivo. Nella nostra Basilicata questa tratta è quasi inesistente, tranne che per un manipolo di avventurieri. I veri pendolari sono ancora più coraggiosi: da Potenza per Bari partono alle 4 e 30 del mattino con l’autobus delle Fal. Chi ha veramente da ridire sono i materani. C’è poi il grande mistero dei lavori sulla linea tra Acerenza e Genzano. Lavori finanziati con i fondi europei e ancora non partiti. Ad aprile è previsto un incontro con i lavoratori delle Fal per capire lo stato delle cose ma ci sarebbe molto altro da risolvere. Prima di tutto la qualità delle stazioni intermedie, paurosamente pericolanti e spesso completamente transennate e con divieto d’accesso. È come dichiarare al mondo che le Fal da queste parti sono realmente una linea fantasma. E forse è davvero così. Qui per vedere i nuovi treni delle Fal, a fine mese già in servizio in Puglia, ci vorranno almeno altri 6 anni, se pensiamo positivo, visto che la linea è ancora tutta da rifare.

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