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REGGIO CALABRIA – La Guardia di finanza e la Polizia di Reggio Calabria, su provvedimento della Procura, hanno sottoposto a fermo gli otto membri di equipaggio di varie nazionalità del peschereccio turco Kaptan Ilker Atalay, giunto lunedì al porto di Reggio con 162 clandestini. Sono accusati di aver portato illegalmente, dietro pagamento, dalla Turchia all’Italia, i migranti esponendoli a pericolo di vita e sottoponendoli ad un trattamento inumano e degradante. Il peschereccio d’altura è stato intercettato nella notte tra domenica e lunedì scorsi da unità del Gruppo aeronavale di Messina della Guardia di Finanza al largo di Capo dell’Armi (Reggio Calabria). L’imbarcazione era stata avvistata nel tardo pomeriggio di domenica a circa 140 miglia a Sud est di Capo Passero (Siracusa) e successivamente monitorata nel corso della navigazione. Una volta entrato in acque territoriali, il peschereccio è stato prima bloccato e poi condotto nel porto di Reggio Calabria. A bordo sono stati trovati 162 immigrati tra i quali 34 bambini e 25 donne di cui una in stato di gravidanza, che hanno riferito di essere afghani e di essere partiti tre giorni fa dal porto di Istanbul. Subito dopo l’attracco, la Guardia di Finanza e la Polizia hanno iniziato gli accertamenti su una decina di persone che si sono conclusi col fermo degli otto membri dell’equipaggio. Un milione di dollari: tanto ha fruttato agli scafisti il viaggio. E’ quanto è emerso dalle indagini condotte subito dopo lo sbarco dai finanzieri del Gruppo e dai poliziotti della squadra mobile di Reggio Calabria con il coordinamento del pm della Procura reggina Sara Amerio e del procuratore aggiunto Michele Giarritta Prestipino.   I passeggeri avrebbero pagato agli scafisti circa 5.000-6.000 dollari a persona. Il peschereccio battente bandiera turca, partito dal porto di Istanbul, dopo essere stato intercettato da due pattugliatori veloci ed un elicottero della guardia di finanza di Messina, supportati da un aereo Atr 42, è stato abbordato dai finanzieri che hanno isolato parte dei presunti componenti l’equipaggio, portati in caserma una volta arrivati in porto. Le indagini dei finanzieri del Gruppo e dei poliziotti della squadra mobile diretti dal pm Amerio e dal procuratore aggiunto Prestipino, hanno quindi permesso di individuare, grazie anche alle immagini scattate e ai video girati al momento dell’abbordaggio e dalle numerose testimonianze, gli scafisti nel cittadino azero Ahamed Mahmudou, di 31 anni, nel cittadino iracheno Ahmad Maryvan, (27). I due avevano cercato di allontanarsi dalla plancia di comando per confondersi con i migranti. I rimanenti sei componenti l’equipaggio hanno, invece, coadiuvato gli scafisti a vario titolo e con precise mansioni a bordo, garantendo l’ordine e la «disciplina» dei trasportati e provvedendo alla saltuaria distribuzione di viveri ed acqua.   Alla fine, su disposizione di Prestipino e di Sara Amerio, i baschi verdi e la squadra mobile hanno sottoposto a fermo, oltre ai due scafisti, Rafia Mashaali (19), iracheno, Haydari Jallat (25), iraniano, Abdollah Jabar Ahmad (20), iracheno, Armand Mohammad Reza (37), iraniano, Jhanizada Ruhid (21), afghano, e Zabeehullah Muhammad (31), afghano per favoreggiamento ed introduzione illegale nel territorio dello Stato italiano di immigrati clandestini con le aggravanti di aver esposto adulti e bambini a grave pericolo di vita sottoponendoli ad un trattamento inumano e degradante.

«E’ un’operazione sicuramente importante perchè abbiamo individuato gli organizzatori e gli scafisti che con questo viaggio hanno incassato circa un milione di dollari». Così Prestipino ha commentato l’inchiesta coordinata con il pm Sara Amerio, che ha portato al fermo di otto tra scafisti e componenti l’equipaggio del peschereccio intercettato al largo delle coste italiane e fatto arrivare lunedì scorso nel porto di Reggio Calabria.   «Quegli sfortunati viaggiatori – ha aggiunto Prestipino – sono rimasti ammassati sul peschereccio per sei giorni, tenuti in condizioni degradanti e disumane. Quando sono arrivati erano fortemente provati ed esausti. Senza dimenticare che sono stati costantemente in pericolo di vita per tutto il viaggio. Le indagini dei finanzieri del Gruppo e dei poliziotti della squadra mobile hanno accertato che l’equipaggio li ha trattati in maniera disumana. Tra i fermati c’erano anche coloro che erano incaricati proprio di garantire la ‘disciplinà a bordo. E solo saltuariamente sono stati distribuiti viveri ed acqua».
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