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CATANZARO – Una bomboletta di lacca per capelli. Lei, non ancora maggiorenne, è accovacciata sul letto. Ha in mano il telefonino. Uno di ultima generazione. Gira un filmino. Uno di quelli hard, che, nelle sue intenzioni, deve restare gelosamente al chiuso della sua camera da letto. Pochi minuti, due al massimo, ma tanto bastano per far comprendere a chi lo riceve che fa sul serio. Un gioco, forse una prova d’amore, o forse una scommessa vinta con il suo lui che, dopo pochi minuti, lo carica in rete. Quelle immagini diventano di dominio pubblico. Le immagini di lei che si masturba corrono su whatsapp e arrivano anche dove non devono arrivare. Le compagne di classe di Elena (il nome è di fantasia per tutelare la privacy) la riconoscono. Come potrebbero non farlo, considerato che con lei trascorrono ore a studiare sui banchi di scuola di un istituto di istruzione superiore del capoluogo.
Su Facebook i post si rincorrono. Ecco come rovinarsi la vita e la reputazione con le proprie mani, nell’epoca dei “selfie”, complice un telefonino. La Catanzaro che vive il web, chatta, tagga, lo ha scoperto in questi giorni.
La protagonista di questa brutta storia, che purtroppo non è fantasia, è una studentessa catanzarese, una minore che ha sottovalutato le potenzialità dannose della diffusione virale del video che la ritraeva in atteggiamenti sessualmente espliciti. Probabilmente in totale fiducia nei confronti del suo interlocutore virtuale, il ragazzo con cui era in rapporti, di qualche anno più grande di lei, forse troppo presa da questa smania contagiosa di esibirsi, apparire, provocare, il “selfismo” malato che contagia tutti nell’era del 2.0, Elena ha inviato al ragazzo il suo sex-tape di pochi minuti. Due imbarazzanti minuti, quanto basta per vivere un incubo. Sul caso stanno indagando le autorità competenti – i carabinieri sono stati già nell’istituto scolastico – : l’invio di foto (o video) che ritraggono minorenni in pose sessualmente esplicite configura, infatti, il reato di distribuzione di materiale pedopornografico.
Si definisce “sexting” questo terribile fenomeno virtuale e virale che sta scuotendo cronache e coscienze anche in città. Nonostante sia ormai una pratica abituale ed una corrente forma di relazione nell’epoca del virtuale, (i sondaggi lo dimostrano con dati imbarazzanti: l’83% degli italiani utilizza il sexting contro il 73% della media mondiale), il rovescio della medaglia è terribile. Si tratta infatti di un “gioco” molto pericoloso: Elena ne sa qualcosa. Una volta inviata la foto o il video con il cellulare, infatti, se ne perde completamente il controllo, su come verrà usata o sull’effetto che avrà sulla propria reputazione. Il destinatario come nel “nostro” caso, potrà inoltrare le foto compromettenti a moltissimi amici per puro divertimento, o per vendetta, come spesse volte accade. Purtroppo ciò accade quando non si ha sufficiente consapevolezza delle tecnologie in uso e dei rischi digitali legati a comportamenti potenzialmente a rischio. Da alcuni studi emerge infatti, dato ancora più pericoloso, quanto il “sexting” e pratiche simili siano percepite dagli adolescenti come un gesto “per lo più goliardico”, non tanto rischioso, indice di una sempre minore percezione della diffusione di immagini pornografiche proprie o altrui inteso come comportamento pericoloso.
Le indagini sono in corso. Il video circola ancora, si spera per poco. Intanto Elena prova a cancellare ogni traccia di sé sul web. Ma nell’attesa, ne discutono i compagni di scuola, i coetanei, anche gli estranei.
I commenti si affastellano: c’è chi condanna lei, chi lui. Come ogni fenomeno virtuale, anche questo caso è destinato ad essere inghiottito dalla voracità del web in pochi giorni. Scomparirà, sarà dimenticato. Non da Elena, che sta piangendo una reputazione distrutta con le proprie mani. Ciò che conta è che il campanello d’allarme sia suonato anche in città: che i genitori e gli educatori scolastici ricomincino a prendere le redini della vita dei propri figli, che si badi un po’ di più ai misteriosi contenuti degli smartphone dei minori. Un universo alieno, oscuro, complicato, sempre più spesso gravemente pericoloso.

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