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POTENZA – Lo hanno protetto. Nel 1993 aveva ventun’anni ma gli si sono stretti attorno come fosse un ragazzino perchè in fondo lo sapevano che aveva dei problemi. Sapevano dell’altro? È quello che gli investigatori hanno cercato di capire per tutto questo tempo e con più forza da quando il corpo di Elisa Claps è stato ritrovato nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza. Che i telefoni di casa Restivo siano stati a lungo sotto controllo è un fatto noto. Erano passate poche ore dalla scomparsa della ragazza e gli investigatori registravano ansie e preoccupazioni dei familiari di Danilo alle prese i sospetti che si addensavano sul tetto di casa loro. Sono stati sotto controllo anche quando le indagini sono state riaperte perchè dall’Inghilterra si è saputo che il trentenne Danilo (in foto) – sempre lui – era finito sotto osservazione della polizia per la morte di una sua vicina di casa, il 12 novembre del 2002. La Corte di Winchester ha condannato Restivo all’ergastolo per l’omicidio della sarta Heather Barnett, ma sono occorsi nove anni per arrivare a una sentenza. Anni in cui i telefoni di Danilo e dei suoi familiari sono stati di nuovo sotto controllo. Gli dicevano di stare attento a come parlava, di non lasciare messaggi su un forum dove alcuni appassionati del “giallo di Potenza” commentavano gli aspetti poco chiari della vicenda. A maggio del 2010, un mese dopo la scoperta del corpo di Elisa, Restivo è stato arrestato dalla polizia inglese. Da allora i suoi contatti con l’esterno sono stati ridotti al minimo, eppure gli investigatori hanno continuato a registrare le telefonate di casa Restivo perchè una volta preso l’assassino bisognava andare a caccia di eventuali complicità. Per farlo i pm della Procura della Repubblica di Salerno devono aver mosso delle accuse molto precise sul ruolo dei familiari di Danilo. Così negli atti del processo per l’omicidio Claps sono finite delle intercettazioni tra la sorella di Restivo, Anna, e l’avvocato Mario Marinelli che assiste il fratello dall’inizio di questa storia, in cui il legale la aggiorna sul corso delle indagini sui reperti del sottotetto della Trinità. «Hanno trovato pure la ciocca». Il resoconto dell’avvocato si sarebbe concentrato su un dettaglio emerso dalla perizia dell’antopologa forense Cristina Cattaneo che ha analizzato le mani e i capelli di Elisa, scoprendo che la chioma della ragazza era stata recisa, e una sostanza sulla superficie del taglio che potrebbe essere del sangue della ragazza. Gli inquirenti l’hanno chiamata la “firma dell’assassino”, e fino a quando non è emersa la “prova regina” del Dna era uno degli indizi più suggestivi contro Restivo. Che Danilo avesse sviluppato una forma di feticismo per l’oggetto dei suoi impulsi sessuali e raccogliesse ciocche di capelli di ragazze consenzienti e non era cosa risaputa. Com’era emerso che nei palmi delle mani della sarta di Bournemouth erano state trovate due ciocche sistemate in maniera simbolica dal suo assassino che si era intrattenuto col cadavere della signora. La notizia che Elisa avesse subito un trattamento simile non poteva non destare preoccupazione in un legale impegnato a preparare una strategia difensiva per quel ragazzo diventato uomo. Anche la famiglia andava informata, e da quella conversazione gli investigatori hanno capito che dopo tutto ci avevano visto giusto.

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