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«LO SPORTING Matera te lo seguo io, anche se sono di riposo, sennò come devi fare, ‘a frà». E’ stata l’ultima volta che l’ho sentito. Sera tardi di un giorno come migliaia di altri trascorsi insieme.

Quel suo modo di chiamarmi “a frà”, mio fratello, mi sta rimbombando nella testa senza fermarsi mai. Mio fratello, mio fratello, a frà, a frà, senza soste.

E’ inevitabile pensarlo: ho perso un fratello.  16 anni insieme, era il 1998 quando t’ho incrociato per la prima volta, giorno dopo giorno, in un percorso di crescita professionale e umana che è andato oltre quello stupido dualismo Potenza-Matera che in tanti ci hanno appioppato. Mannaggia a te, fratello. Quanto  mi mancherai già lo so, perchè non posso negare che in questi lunghi anni vissuti insieme si è creato un feeling che è andato assai oltre l’essere diametralmente opposti. Un’intesa che ci ha resi simili, probabilmente anche intercambiabili, nonostante la lontananza di redazioni, nonostante l’infinita differenza dei colori del cuore.

Non ce lo neghiamo, quante volte abbiamo litigato, quante altre ci siamo sbattuti il telefono in faccia, abbiamo urlato le peggiori cose,  ma dopo tre secondi era già tutto come se non fosse successo niente. Per me, soprattutto, che avevo il bisogno fondamentale del tuo riferimento, quello di un fratello maggiore appunto.  Ma anche per te che, dall’altra parte della redazione, avevi una capacità insuperabile di saper ascoltare tutti, anche i più giovani. Ed eri soprattutto un gran signore, di una disponibilità che faceva spavento. Per qualsiasi cosa, a qualsiasi ora. 

E’ giusto e sacrosanto che resti l’idea che tu, Renato Carpentieri, eri tutto quello che da un collega è auspicabile avere o che in un collega ci si augura di trovare. Una persona che non può che diventarti amica, con una singola frequentazione. Figurarsi per chi ti è stato accanto per 16 anni, tutti i santi giorni.

Come è antipatico parlare di te al passato. Vorrei risvegliarmi e correre a telefonarti: «Renà, domenica vai a Lucera». No, da oggi, “vedi come devi fare, a’ frà”. Mi mancherai, mannaggia a te, fratè.

 

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