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La resa dei conti di Renzi nel Pd dopo la debacle ligure. Molti giornali offrono questa chiave di lettura del voto dell’ultima domenica di maggio. Mentre la stampa di destra (Libero e Giornale) ma anche il Fatto Quotidiano punta sui 2 milioni di voti persi dal Partito democratico. Il Corriere della Sera dedica più di 20 pagine alle Regionali 2015 e propone una serie di interessanti approfondimenti: Marco Imarisio e Fabrizio Roncone intervistano rispettivamente Raffaella Paita e Alessandra Moretti, le due quarantenni renziane che incarnano – con le loro sconfitte in Liguria e Veneto a favore di Toti e Zaia – il fallimento del centrosinistra diviso. Da segnalare anche l’analisi di Francesco Verderami sul ritorno di Forza Italia «tra cespugli e cannibalismi» e un gustoso commento di Goffredo Buccini su Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, i governatori di Campania e Puglia definiti “masanielli prigionieri dell’antipolitica”.
Il Secolo XIX, testata ligure, parla di «bufera» e «terremoto in casa Pd» nel titolo di apertura, tra le prime teste che cadono (si tratta dei segretari locali) e le dichiarazioni della sconfitta contro Burlando.
Ascanews rivede al ribasso anche il risultato del Movimento 5 Stelle: «Anche Grillo e i suoi soffrono, ormai, della malattia dell’astensionismo. I voti assoluti seguono una curva discendente: in Liguria, la brillante affermazione della candidata presidente Alice Salvatore (24,83 per cento mentre la lista m5s si è fermata al 22,28) è stata ottenuta con 163mila voti; ma alle politiche erano stati 300mila gli elettori M5S, alle europee poco più di 200mila. Stessa tendenza nel Veneto: dai quasi 800mila delle politiche a poco meno di mezzo milione (il 19 per cento) alle europee; Jacopo Berti, il candidato stellato, si è fermato a 262mila voti, pari all’11,87 per cento: segno che oltre alle astensioni anche la Lega ha recuperato al M5S voti che Grillo le aveva scippato in passato. Altro concorrente insidioso per i seguaci di Grillo e Casaleggio si è dimostrato l’ex sindaco di Bari Michele Emiliano, neopresidente della Puglia: qui i 5 Stelle si sono dovuti accontentare di 310mila schede con la crocetta sul nome del loro candidato presidente, Antonella Laricchia, e circa 275mila voti alla lista. Erano più di 500mila alle politiche e ancora oltre i 400mila a maggio 2014. Numeri non troppo diversi nelle altre regioni che sono andate al voto». Molto interessante in questa chiave anche l’articolo di Cesare Martinetti sulla Stampa: «E se si fosse votato per le politiche? Primo partito Pd, secondo Cinque stelle. Nessuno dei due oltre il 40%. Dunque, come previsto dall’Italicum, ballottaggio. Renzi contro Grillo; o meglio Renzi contro il candidato premier dei grillini che in questo momento sarebbe stato con ogni probabilità Luigi De Maio. Politica contro anti-politica? Partito classico contro partito liquido-partecipativo-digitale- virtuale? Diciamo politica tradizionale contro politica “nuova”, sistema contro anti-sistema. Ma anche rottamatore contro rottamatori. Il primo – Renzi – della vecchia gerarchia. I secondi – i grillini – dell’interno sistema politico, nelle sue forme e nei suoi uomini».
In un quadro nazionale che al Nord si presenta frastagliato per l’exploit della Lega, il Pd «è oggi un partito a trazione meridionale – ha scritto Lucia Annunziata sull’Huffington Post –. La vittoria di De Luca porta al Pd la Campania, dopo tanti anni di centrodestra. La vittoria di Emiliano in Puglia conferma la regione alla sinistra. Entrambe chiudono il cerchio di un Sud che a questo punto (con Sicilia, Calabria, Abruzzo, Basilicata e Sardegna) è tutto del Pd, come da anni non succedeva». Ed Ezio Mauro nel suo editoriale sulla prima pagina di Repubblica nota che «al Sud, le vittorie del Pd portano il volto di due leader della sinistra populista come Emiliano e De Luca, super-sceriffi abili e diversamente disinvolti, insediati dal voto come potenze sempre più autonome da tutto, dalle regole, dalla distinzione tra destra e sinistra, dal Pd e naturalmente da Renzi», mentre «il trionfo di Zaia sulla Moretti in Veneto e la conquista della Liguria da parte di Toti segnalano che l’innamoramento del Nord per il centrosinistra alle elezioni europee in realtà era solo un flirt». Ci pensa Michele Serra, nella sua Amaca quotidiana, a vedere il bicchiere del Pd mezzo pieno: «Quando l’analisi del voto si farà un poco più rilassata, potrebbe assumere un qualche rilievo il fatto che il centrosinistra, nelle sue varie composizioni, governa 17 delle 20 regioni italiane, cosa mai accaduta prima».

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