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POTENZA – Dovranno comparire davanti al gup di Roma il prossimo 21 gennaio Giovanni Plastino e Aniello Barbetta, i due lucani accusati del tentativo di sequestro nel 2012 del broker Silvio Fanella, considerato il “cassiere” della banda Mokbel e il custode del bottino miliardario della maxi frode Telecom Sparkle-Fastweb. Ucciso a luglio in durante un blitz fotocopia nell’abitazione della cugina in via della Camilluccia, a Roma.
Il 23enne Barbetta, di Rionero, era stato fermato e poi arrestato su input dell’antimafia romana qualche giorno dopo, quando sono emersi in maniera evidente le «numerose similitudini» e gli «evidenti collegamenti» tra il tentativo di sequestro che ha portato all’omicidio di Fanella, e quello sventato ad agosto del 2012 dai carabinieri di Potenza, che in quel periodo stavano indagando proprio su Barbetta. In particolare aveva attirato l’attenzione degli inquirenti il ruolo di due finti «finanzieri»: una coincidenza tanto più importante se si pensa che era l’unico dettaglio del piano rimasto a conoscenza soltanto degli addetti ai lavori – oltre che degli autori del primo tentativo di sequestro – dopo le notizie apparse a fine maggio sul Quotidiano della Basilicata.
Per gli inquirenti ci sarebbe un filo rosso tra quanto accaduto. A partire dal movente che in entrambi i casi sarebbe stato il desiderio di impossessarsi del “tesoro” di Fanella costringendolo a rivelare il suo nascondiglio. Un tesoro scoperto dai militari del Ros dei carabinieri soltanto poche ore dopo l’omicidio, “setacciando” la casa di campagna della vittima: 34 sacchetti di diamanti, vari orologi preziosi più 284 mila dollari e 118mila euro in contanti nascosti nelle scatole di gelato.
Assieme a Barbetta dovrà comparire in Tribunale anche Giovanni Plastino, 36enne sempre di Rionero che è considerato un esponente del clan melfitano dei Cassotta e sta già scontando una condanna definitiva per associazione mafiosa ed estorsione. Mentre Roberto Macori, 40enne romano arrestato nel 2010 assieme a Fanella e all’imprenditore “nero” Gennaro Mokbel nell’ambito dell’inchiesta Phunecards-broker, è stato individuato come il mandante del tentativo di sequestro del 2012, e ha già scelto di essere processato col rito abbreviato.
Sarebbe stato Plastino ad agganciare Macori in carcere nel 2010, e a reclutare Barbetta due anni dopo per il colpo nella capitale assieme a un «Roman», che i carabinieri di Potenza al comando del capitano Antonio Milone hanno identificato in Roman Mecca, 21enne sempre di Rionero.
«L’azione del 3 luglio scorso – scrivevano i magistrati romani nel decreto di fermo per Barbetta e Macori – è stata compiuta, come quella del 2012, da persone, armate e munite di fascette per immobilizzare la vittima, che hanno esibito al portiere dello stabile un tesserino di riconoscimento falso della Guardia di finanza».
Durante l’esecuzione del piano «un commando composto da almeno sei persone, due delle quali finanzieri o sedicenti tali – è ricostruito nel provvedimento di fermo – con tre auto, armate si è appostato per ore sotto l’abitazione a Roma della casa della madre della vittima, dinanzi al bar solitamente frequentato dallo stesso, attendendo che si allontanasse a bordo del suo motociclo per fermarlo e caricarlo con la forza su una delle auto».
Ma in una conversazione registrata nell’auto di Barbetta Plastino la racconta in maniera diversa, spiegando che i «finanzieri» coinvolti avrebbero «simulato un regolare arresto».
«Quella è un’operazione della finanza… Compa’ quello va con il mandato di cattura la… forse non hai capito! Quelli ci mettono le manette i finanzieri… E’ un’operazione… Ci fanno vedere il tessino»).
Queste le sue parole, che ricalcano quasi alla perfezione quanto accaduto a luglio, quando i killer avrebbero lasciato dietro di sè anche «alcuni fogli con intestazione della Guardia di finanza».

l.amato@luedi.it

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