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ROCCELLA JONICA – I corpi carbonizzati, rinvenuti in un’Alfa Romeo 147 alla periferia di Roccella Jonica, sono di Francesco Coluccio e del quarantenne Maurizio Femia. La conferma è arrivata dopo l’analisi del Dna dei resti delle due persone date alle fiamme insieme alla macchina di proprietà dello stesso Coluccio. 

Di quest’ultimo si erano perse le tracce qualche giorno prima, sanche se nessuno aveva presentato denuncia di scomparsa. Stessa situazione riguardava Femia, che sarebbe stato legato da vincoli di amicizia con Coluccio.  La macabra scoperta era stata fatta dalla Polizia di Siderno che era stata chiamata per un intervento in contrada Salìce di Roccella Jonica, distante dall’abitato qualche chilometro, lungo una strada interpoderale che si congiunge con Caulonia superiore. Un passante si era accorto dell’auto completamente bruciata, a margine della strada carrozzabile. Nonostante il temporale che imperversava sulla zona da qualche ora, si recavano immediatamente sul posto i carabinieri della locale compagnia, oltre agli agenti. All’interno dell’auto, completamente distrutta dalle fiamme, tra il cofano e i sedili posteriori, che sembravano abbassati, i resti di due uomini. Un ammasso di ossa bruciacchiati e anneriti, e qualche brandello di epidermide. 
Gli investigatori con il supporto del personale tecnico e scientifico, si sono messi subito al lavoro per procedere al tentativo di identificazione dei cadaveri e risalire alle modalità del loro decesso. Cosa che è stata possibile solo con l’autopsia, disposta dal magistrato della Procura di Locri, Rosanna Sgueglia, che coordina le indagini.  Francesco Coluccio, detto “U ‘nzurru”, era un pluripregiudicato 41enne di Roccella Jonica, noto per reati contro il patrimonio, per lo più furti e rapine. A settembre dell’anno scorso aveva terminato l’ultimo periodo di carcerazione per una rapina compiuta nella piana di Gioia Tauro negli anni passati e per la quale era stato condannato a cinque anni dal tribunale di Palmi. Per questo era stato arrestato a Torino dove si era nascosto per qualche mese. Ed è proprio riferito a quel periodo di breve latitanza che il nome di Coluccio compare negli atti giudiziari di un’operazione di polizia importante, quella denominata “Minotauro”, contro la ‘ndrangheta in Piemonte. Nel gennaio 2009, sono segnalati stretti contatti tra esponenti calabresi della ‘ndrangheta e gli affiliati al locale di Natile di Careri al fine di nascondere Coluccio in Piemonte. 
«Tuttavia – si legge nell’ordinanza – non si desume con certezza dagli atti che Francesco Coluccio sia incardinato nella cosca Carrozza (localizzata in Roccella Jonica), ma è indicato come appartenente alla ‘ndrina Cavallaro di Caulonia e lo stesso Coluccio nel corso delle conversazione telefoniche allude a Caulonia quale luogo ove regolarmente vive». Si evidenzia, che Coluccio, fino a quel momento, era interessato da ordine di carcerazione per un reato (rapina) non collegato ad alcuna attività di stampo mafioso. Altrettanto noto alle forze dell’ordine è Maurizio Femia di Marina di Gioiosa Jonica, che con Francesco Coluccio, secondo chi lo conosceva molto bene, da tempo faceva coppia fissa. Il fatto criminale più rilevante, che ha fatto sbalzare alla cronaca il nome di Femia, risale al 2006, quando venne arrestato, dopo una latitanza di circa un anno, per il tentato omicidio di Giuseppe Panetta di Locri, ferito con una coltellata al torace. 
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