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di DOMENICO LOGOZZO

GIORNALISTI nel mirino, dalla Calabria alla Basilicata. Lettere minatorie dal carcere, ordigni esplosivi davanti alle abitazioni. Giorni di paura e di riflessioni. Bisogna tenere alta la guardia. Sempre e dovunque. Ma è altrettanto importante fare chiarezza. Subito. Ritorna in queste ore all’attenzione della cronaca il caso del giornalista lucano di Televideo Rai Nello Rega che ha denunciato una nuova intimidazione, questa volta subita a Roma. Un ordigno è esploso davanti all’ingresso della sua abitazione, esattamente un anno dopo il fallito attentato sulla Basentana: colpi di pistola al suo indirizzo mentre era al volante dell’auto. Trovato “un foglio di rivendicazione, a firma di un generico gruppo Hezbollah”. Una vicenda dai risvolti complessi. Che merita la massima attenzione. Per togliere tutte le ombre che da fin troppo tempo avvolgono il caso. “Se non gli credete smascheratelo. Se è tutto vero avete perso tempo”. Questo l’8 gennaio 2011 il titolo del lucidissimo commento di Lucia Serino sul “Quotidiano” in seguito all’ennesimo attentato denunciato dal giornalista. Le tante e giuste domande che il Capo Redattore di questo giornale si poneva e poneva soprattutto agli investigatori e alla magistratura trovavano una prima risposta: Rega sotto tutela e con la scorta “in quanto ritenuto esposto a pericolo”. La risposta successiva: “simulazione”. Dopo mesi di indagini al giornalista è stato notificato un avviso di garanzia della Procura di Potenza per simulazione di reato. Dietrofront immediato. Scorta revocata dal prefetto. Conseguente ricorso al Tar da parte di Rega che dopo l’annullamento della “protezione” avrebbe ricevuto altre minacce “in particolare diverse telefonate mute”. E oggi insiste per il “ripristino di forme di protezione per la sua incolumità”. Ringrazia attraverso Facebook i sostenitori, si rivolge ai denigratori che “non sanno quello che dicono” e a chi lo minaccia dice: “potete uccidere un corpo ma non le idee in esso contenute”. Simulazione o persecuzione? Gli investigatori a ottobre hanno scelto la prima della ipotesi. Giusta? Sbagliata? Ora un’altra brutta e oscura pagina si aggiunge alle tante e diverse finora finite sotto la lente di ingrandimento degli investigatori. Non ci possono essere zone d’ombra. E Rega insiste: «Io resisterò e alla fine la verità e la giustizia trionferanno». Il libro scritto dal giornalista, “Diversi e divisi”, incentrato sulla questione dell’integralismo, sarebbe all’origine di tutti i suoi guai. Occorre fermezza, la massima fermezza per evitare, di precipitare nuovamente “in un baratro investigativo”, come Lucia Serino aveva efficacemente e realisticamente definito la situazione che si era venuta a creare all’inizio dello scorso anno, dopo le ripetute denunce di Rega. Fare chiarezza per consentire ai giornalisti di lavorare serenamente e dare ai cittadini la certezza che lo Stato è presente, garante della convivenza civile e del rispetto delle idee di tutti. La legalità innanzitutto. Troppi i segnali preoccupanti che in questi ultimi tempi si sono manifestati. Sottovalutazioni, pressappochismo e superficialità. La legge va rispettata. Sempre e da tutti. Distrazioni non sono possibili. Non sono tollerabili. Sul caso Rega è bene andare fino in fondo, come con molta lucidità ed onestà intellettuale ha scritto Lucia Serino. Se è un perseguitato venga protetto. Se è un millantatore venga smascherato. Senza perdere tempo. Il nostro è un Paese con molte stranezze. Purtroppo questo non ce lo dobbiamo dimenticare . Mai. Accadono cose assurde. Ci sono anche detenuti che, tranquillamente, superando tutti i controlli, dalle carceri inviano “regolarmente” agli amministratori “scomodi” lettere minatorie (un capocosca di Rosarno ha scritto al sindaco del suo paese un messaggio intimidatorio dal carcere di Milano su un foglio di carta intestata del comune calabrese) e ai ai giornalisti che hanno il solo torto di compiere fino in fondo il loro dovere di informare, lettere piene di minacce, firmandosi. Spavaldamente. Assurdo. Incredibile che possa accadere. Eppure accade. In Calabria qualche giorno fa,quando il giornalista della Gazzetta del Sud Nicola Lopreiato, capo servizio della redazione di Vibo Valentia, ha ricevuto la lettera del capo di una potentissima cosca inviata dal carcere di Cosenza, con minacce di morte a lui ed alla sua famiglia. Solidarietà unanime e grande indignazione. Durissima presa di posizione del segretario del sindacato dei giornalisti della Calabria, Carlo Parisi: «Quando viene pubblicata qualche intercettazione o notizia ritenuta diffamatoria , redazioni e abitazioni dei giornalisti vengono messe a soqquadro dalle forze dell’ordine. Nei confronti dei giornalisti si stringono, insomma, le maglie dei controlli, violando, a volte, anche i piu’ elementari diritti in materia di segreto professionale, mentre un detenuto può concedersi il lusso di scrivere dal carcere lettere ad un serio e onesto giornalista, come Nicola Lopreiato, minacciando pesantemente lui e la sua famiglia. E’ possibile e lecito?». Non è possibile e non è lecito, come pure non è possibile e non è lecito che la vicenda di Nello Rega alimenti sempre e comunque sconcerto e dubbi. Non può assumere le caratteristiche insopportabili di una telenovela!

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