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di SAC. CAMILLO PERRONE IL NOSTRO Mezzogiorno dopo l’Unità d’Italia si dibatte in tristi e penose condizioni di vita economica. Sorge il problema dell’Italia meridionale. Le popolazioni del sud, percorrendo e appoggiando l’azione garibaldina, avevano dato con entusiasmo e con fede il massimo contributo alla causa dell’unificazione d’Italia ed ora attendevano con fervide speranze e con grande fiducia la soluzione di tutti i loro secolari e dolorosi problemi. Camillo Cavour prese a cuore il problema meridionale, ma si spense dolorosamente prima di poterlo a fondo studiare. Gli uomini di governo che a lui successero, sia dalla Destra che dalla Sinistra, nel susseguirsi di crisi e di gabinetti, non solo forse, a nostro parere, ignorarono il problema del Mezzogiorno, ma non si resero neppure conto che tra i più urgenti e vitali problemi della Patria vi era l’importante e delicato problema del Sud. Ci fu disinteresse e chiare incomprensioni da parte del Governo nazionale. Il male maggiore era poi costituito dal fatto che tutti i miliardari delle contribuzioni meridionali e le somme drenate con la vendita dei beni demaniali ed ecclesiastici venivano, per la maggior parte, spesi nel Nord per opere pubbliche. In tal modo il Mezzogiorno fu considerato e divenne di fatto una colonia di contribuzione del Regno d’Italia. Quali fossero le tristi e avvilenti condizioni economiche, commerciali, finanziarie, igieniche ed educative delle popolazioni del Sud apparvero subito a Costantino Nigra, inviato a Napoli dal Cavour come sua persona di fiducia. Il giovane diplomatico visitò il Sud e fece una importante relazione che consegnò al Cavour il 20 maggio 1861. A Cavour dunque fin dai primi momenti fu delineata un’immagine non confrontante della situazione e delle difficoltà che si sarebbero dovute affrontare per allargare il processo unitario all’Italia Meridionale. Il Cavour si formò una visione esatta delle condizioni penose del Mezzogiorno e come grande politico vide anche, con la lungimiranza del suo intuito, quale potesse essere la vera terapia per sanare tanti mali e per dare nuova vita e progresso civile ed economico alle popolazioni meridionali, inserendole nell’avvenire e nel progresso della patria comune. La sua prodigiosa intelligenza, il forte carattere, la preminente e fascinosa personalità, il senso dello Stato, il moderno e lungimirante sentire, la capacità di creare delle circostanze favorevoli e profittarne al servizio del proprio ideale, l’altissima ispirazione morale, la fede granitica nella libertà, la larga apertura sociale, la conoscenza e l’esperienza del mondo politico internazionale, rimangono gli elementi costruttivi essenziali della sua figura di statista sommo. Purtroppo il Cavour si spense prematuramente prima che fosse avverato il suo sogno di rinascita del Sud. Morì proprio 150 anni fa il 6 giugno 1861. Egli era l’unico uomo che certamente sarebbe stato capace di affrontare e risolvere il problema amministrativo, sociale ed economico dell’Italia meridionale, ma si spense dolorosamente prima di poterlo a fondo studiare; con lui scese nella tomba anche, per allora, il problema meridionale. Al Cavour va dato il merito di essere stato il primo a porsi la questione meridionale, la quale implica sostanzialmente l’esistenza di una crisi che ai nostri giorni è di tutto il Paese e non solo del Mezzogiorno, se si considera che l’incremento delle capacità produttive ha luogo, in gran parte, nel centro-Nord, mentre la crescita della forza lavoro si realizza interamente nel Sud. Il ritardo del mezzogiorno, nella situazione attuale, non va tanto ricercato a livello di benessere materiale, cioè di mero reddito, quanto nella capacità di produzione e nella occupazione; e le previsioni più attendibili prefigurano purtroppo il persistere di gravi problemi, particolarmente per le opportunità di lavoro delle giovani generazioni. Occorre apprendere da Camillo Cavour che bisogna impegnarsi a fondo per la soluzione dei tanti problemi che affliggono l’Italia e in modo tutto particolare il nostro Sud. Dobbiamo imparare a comprenderci, a dialogare e a perdonare da nord a sud, da est a ovest. Ma è necessario anzitutto dare il buon esempio a cominciare dall’alto. Spesso in questo paese è mancato l’esempio dei responsabili. Troppi scandali hanno scosso l’opinione pubblica e incrinata la fiducia dei cittadini. Qualcuno dice: “ogni popolo ha i dirigenti che si merita” e si fanno polemiche per decidere se è migliore il popolo o i suoi eletti. Intanto nel polverone si perde di vista il vero problema, che è quello di rimboccarsi le maniche, politici, amministratori e cittadini per dar vita al bene comune. La disoccupazione non scompare per decisionismo, né l’inflazione scompare con un colpo di bacchetta magica. ci vuole invece da parte di tutti senso del dovere, spirito di sacrificio e solidarietà per i più deboli. Occorre dare risposte immediate al precariato alla disoccupazione dei giovani e delle donne, all’accelerazione e alla qualità della spesa comunitaria, alla difesa dei posti di lavoro, al modello di sviluppo ecosostenibile e alla tutela del welfare.

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